Azione e reazione: come recita il terzo principio della dinamica di Isaac Newton, ogni volta che a un corpo viene applicata una forza, questo ne esercita una uguale per intensità, ma in verso opposto.
La legge della fisica vale, più o meno metaforicamente, anche nella dimensione socio-economica. Quello che accade nel mondo, a livello macro (geopolitica, mercati finanziari, dinamiche demografiche, evoluzione tecnologica), inevitabilmente finisce per esercitare un impatto anche sui comportamenti degli individui che, a loro volta, reagiscono influenzando i macro-scenari.
Tali dinamiche innescano trasformazioni profonde, difficili da cogliere senza uno sguardo d’insieme globale. Per questo, l’Allianz Barometer Risk, che dal 2012 raccoglie il punto di vista di migliaia di esperti di risk management da diversi continenti rispetto ai principali rischi per le imprese, rappresenta un osservatorio capace di offrire una lettura, concreta e trasversale, delle grandi sfide che possono influenzare l’economia e i mercati.
Le undici edizioni realizzate dal 2012 al 2023 sono uno strumento molto interessante per ripercorrere l’ultimo decennio: attraverso la loro rilettura, è possibile ricostruire come è cambiato in pochi anni e come il mondo economico ha reagito, tracciando il cammino per il futuro.
Lungo la linea del tempo con il Barometro di Allianz
2012-2015: gli anni della grande crisi finanziaria
Rileggere oggi il primo barometro del rischio di Allianz del 2012 significa fare un tuffo in un passato dominato da parole come “recessione”, “debito sovrano”. La grande crisi finanziaria, la seconda dopo quella del 2008, è la principale preoccupazione delle imprese, secondo i risk manager, seguita a stretto giro dalla business interruption, vista come conseguenza plausibile delle criticità economiche nazionali e globali. Sullo sfondo c’è anche la preoccupazione legata a catastrofi naturali (9%) e rischi ambientali (3%), influenzati dalla terribile alluvione avvenuta in Thailandia del 2011.
Inizia anche ad emergere, però, un tema che diventa dominante negli anni successivi (2013 – 2015), ovvero la preoccupazione per l’interconnessione sistemica dei rischi. Nell’economia mondiale globalizzata si inizia a temere la “tempesta perfetta”, perché si capisce che catastrofi naturali e criticità economiche si potrebbero facilmente combinare.
Non a caso, alla luce di quanto accaduto con l’uragano Sandy, nel 2013 la prima preoccupazione diventa la vulnerabilità della catena di forniture (45,7%), perché in un mondo dominato da “just in time” e dalla “lean manifacturing” qualunque ritardo, legato a rischi globali, può far perdere la competitività nel mercato di riferimento. In quest’ottica va anche letto l’exploit del timore degli incendi (30,6%), dopo i devastanti incendi scoppiati in due fabbriche del Pakistan e del Bangladesh a fine 2012, che avevano provocato centinaia di morti.
Di anno in anno, tuttavia, le aziende sembrano sviluppare anche una certa resilienza rispetto ai nuovi equilibri imposti dalla crisi finanziaria globale, tanto che nel 2015 le preoccupazioni per l’economia iniziano a scomparire, mentre se ne affacciano di nuove, in particolare per le guerre, perché, nel frattempo, nel 2014 è iniziata l’invasione della Crimea da parte della Russia ed è scoppiata la crisi di Hong Kong.
2016-2019: un mondo nuovo con il digitale e le nuove tecnologie
L’avvento della digitalizzazione e delle nuove tecnologie è la novità dirompente di questi anni che segna un punto di svolta rispetto al passato. Le aziende intuiscono le grandi potenzialità, ma temono soprattutto i rischi che ne possono derivare, a partire dall’emergere di nuovi competitor non tradizionali, come le startup, che, secondo quanto raccolto dal Barometro del 2016, si configurano nella top 3 dei rischi percepiti dalle aziende (34%). Sono anni in cui l’avanzata dei social inizia anche a far temere la perdita di reputazione e di valore del brand.
Mentre un nuovo mondo sembra avanzare, compaiono però timori anche di un ritorno al protezionismo sul fronte degli scambi commerciali (2017), dopo l’elezione di Donald Trump alla guida degli Stati Uniti.
Le aziende reagiscono all’avvento della digitalizzazione innovando il proprio modello di business, con una rivoluzione in alcuni casi radicale, che premia chi sa innovare e fa emergere nuovi player.
Nel frattempo, però, sempre dalla rete inizia ad emergere un nuovo rischio, un nemico invisibile ma potenzialmente letale: il cybercrime (secondo posto nel Barometro del 2017). Emblematico il caso del grande attacco ransomware Petya, che nel 2017 si diffonde in tutta Europa, arrivando a bloccare, ad esempio, realtà strategiche per la produzione di vaccini e per la logistica. Un altro attacco, il WannaCry, sempre nel 2017 provoca danni per 8 miliardi.
Sempre legato alle nuove tecnologie (ma alimentato anche dall’andamento demografico e, più tardi, dalla Brexit) è il nuovo rischio che compare nel Barometro nel 2019: le aziende iniziano, infatti, a preoccuparsi della capacità effettiva di trovare personale competente a utilizzarne le potenzialità e a implementare i nuovi modelli di business.
Si inizia a parlare anche dei cambiamenti climatici, che entrano in sordina del 2018 al decimo posto con un 10% di risposte, ma che già nel 2019 scalano la classifica, alla luce dei timori per i cambiamenti normativi e per la possibile crescita della frequenza e dell’impatto delle catastrofi naturali.
2020-2023: pandemia e guerra
Il barometro del 2020, elaborato sulla scorta delle interviste del 2019, si apre con una rilevante novità, ovvero con il cyber risk che arriva al primo posto dei 10 rischi più temuti. La notizia viene ripresa ampiamente dalla stampa internazionale, fino a quando, a febbraio, irrompe la pandemia di COVID che stravolge la scala delle priorità.
Non a caso, nel 2021 lo scoppio di epidemie arriva al secondo posto tra le preoccupazioni delle aziende (40%), mentre al primo c’è l’interruzione della catena di fornitura, sulla scorta di quanto effettivamente accaduto durante il primo anno di COVID.
Tuttavia, un po’ a sorpresa, nel 2022 il rischio pandemico scivola al quarto posto e scompare del tutto dalla top 10 del 2023, non tanto perché ci si sia dimenticati della potenza del virus e dell’impatto sull’economia, quanto perché la risposta alla pandemia, con il vaccino sul fronte sanitario e la nuova organizzazione delle imprese, ha dimostrato che il mondo ha saputo reagire al virus.
I riflessi, invece, dell’altro grande fatto del 2022, ovvero la guerra in Ucraina, la prima in Europa dopo 70 anni di pace, si vedono nella maggiore preoccupazione rispetto a rischi politici e violenza (10° posto nel 2023) e nella crisi energetica, new entry del 2023. La crisi energetica, in particolare, ha evidenziato che non può esserci altra strada che la decarbonizzazione dell’economia, ma ciò richiede investimenti miliardari in tecnologie ed una revisione complessiva dei modelli di business, anche per rispondere ai cambiamenti climatici.
Barometro di Allianz, la gestione del rischio resta la priorità
L’analisi di un decennio tramite il Barometro di Allianz evidenzia come l’interconnessione sia una delle cifre dominanti del nuovo millennio.
La digitalizzazione, la globalizzazione, le reazioni a catena provocate da eventi climatici che si ripercuotono anche sulla vita economica delle imprese sottolineano come i rischi siano globali e trasversali: per questo, serve una capacità di lettura che sia altrettanto globale e trasversale per coglierli e comprenderli.
Allo stesso tempo, il Barometro di Allianz ci fa vedere come la capacità di gestire i rischi e di rispondere (la reazione) attenui, poi, la portata del rischio stesso. Questo ci dice che non è tanto l’evento in sé a creare preoccupazione, quanto la possibilità di prevenirlo e gestirlo nel momento in cui si verifica. Il caso di COVID-19 lo dimostra bene: l’abbassamento dei contagi unito alla consapevolezza di avere gli strumenti per fronteggiare eventuali chiusure hanno portato le imprese a esser meno spaventate dal rischio pandemico.
Non si può dire lo stesso per altre criticità, come il rischio informatico o la possibilità che si interrompano le catene di approvvigionamento, che dipendono da variabili complesse e difficilmente, per ora, prevenibili.
La gestione del rischio resta, dunque, la chiave di volta per affrontare ogni scenario: in questo senso, la consulenza assicurativa rappresenta un asset strategico per intercettare le minacce emergenti e rispondere con adeguati strumenti di tutela.