Dal serpente di Adamo ed Eva ai protagonisti delle favole di Esopo passando per il bestiario di Machiavelli, il simbolismo animale è da sempre presente nella storia dell’uomo. Religioni, letteratura, politica, scienza, arte hanno attinto a piene mani dal regno animale per coniare delle metafore a partire da caratteristiche specifiche. E la finanza e l’economia non fanno eccezione.
Negli ultimi anni, ad esempio, è stato particolarmente frequente il ricorso all’espressione “cigno nero” per definire un evento imprevedibile e capace di avere ripercussioni su tutto il sistema economico, come COVID-19. Ma il cigno è solo uno dei tanti animali ad essere stato “scomodato” per parlare di temi prettamente economico-finanziari.
Toro e orso: perché sono simboli del mercato finanziario?
Il caso più emblematico dello “zoo” della finanza è quello del toro e dell’orso, diventati ormai sinonimi rispettivamente del mercato rialzista (bull market) e di quello ribassista (bear market). I due animali sono talmente iconici da aver ispirato le statue poste davanti ad alcune delle più importanti piazze d’affari del mondo: celeberrimo il toro di Wall Street, realizzato dallo scultore italiano Arturo Di Modica, mentre davanti alla Borsa di Francoforte si fronteggiano orso e toro.
In genere, l’associazione con le dinamiche dei mercati viene ricondotta alla modalità di attacco dei due animali: mentre il toro tende ad affrontare il nemico colpendolo con le corna dal basso verso l’alto (qui il legame con il mercato rialzista), l’orso usa gli artigli dall’alto verso il basso (quindi al ribasso). Ma perché la scelta è ricaduta proprio su toro e orso? In realtà, non si sa: l’associazione di idee sembra essere frutto di una serie di esperienze collettive.
Innanzitutto, la genesi è da individuare nella Londra del XVIII secolo, dove le persone avevano una certa familiarità con tori e orsi, facilmente avvistabili in città, in quanto usati nei combattimenti con i cani.
L’associazione dell’orso con il mercato ribassista potrebbe essere nata nell’ambito del commercio delle pelli di questo animale, in cui i prezzi erano fissati come accade oggi per le materie prime. I commercianti, infatti, guadagnavano di più quando si registrava un calo nel valore delle pelli vendute dai cacciatori, in quanto la differenza tra il valore di acquisto e quello di vendita cresceva e, con essa, anche il loro profitto1. Alla figura dei venditori di pelli di orso come speculatori fa riferimento anche Daniel Defoe nel suo romanzo del 1719 The Anatomy of Exchange-Alley.
Fu sempre in terra inglese che il toro comparve come opposto all’orso, per definire l’acquisto speculativo nell’aspettativa di un aumento dei prezzi delle azioni, e l’uso dei due animali in riferimento ai mercati si consolidò a livello globale nel 1720 con la “Bolla della South Sea Company”.
Fondata nel 1711, la South Sea Company aveva siglato con la Corona inglese – impegnata in operazioni militari in tutta Europa – un accordo per l’acquisto dei debiti di guerra, ottenendo in cambio il monopolio del commercio con le colonie spagnole nel Sud America. Prospettando l’apertura – in realtà impossibile – di nuovi mercati, la compagnia riuscì a conquistare molti aristocratici e non solo: le sue azioni si vendevano con estrema facilità, persino nei caffè, e si diffusero ampiamente. Il valore dei titoli crebbe fino a che la bolla scoppiò e il “toro” si trasformò in un “orso”. I prezzi collassarono in poco tempo, creando un disastro economico, politico, sociale talmente profondo e diffuso da ispirare poesie, opere teatrali e scritti, tra cui anche una poesia di Alexander Pope, in cui si orso e toro erano usati come metafora di mercato rialzista e ribassista.
Cigni, rinoceronti e non solo: lo “zoo” della finanza
La vicenda di orso e toro è emblematica del processo che porta, ancora oggi, alla contaminazione tra finanza e mondo animale: immagini condivise entrano prima nel linguaggio degli addetti ai lavori e poi nel patrimonio collettivo grazie alla stampa e alla letteratura.
Lo stesso processo si è ripetuto anche in altri casi, come ad esempio quello del cigno nero. Questo animale è un emblema di rarità: già nell’82 d.C. il poeta latino Giovenale, in un verso delle sue Satire, scrisse “uccello raro sulla terra, quasi come un cigno nero”. L’espressione fu ripresa secoli dopo, nelle discussioni dei filosofi del ‘500, fino ad arrivare al 2007 quando l’epistemologo ed ex trader Nassim Nicholas Taleb ha consacrato l’utilizzo del cigno nero come simbolo di eventi inattesi e imprevedibili, temuti dai mercati per il loro forte impatto sull’umanità.
Sulla stessa onda il rinoceronte grigio, diventato celebre grazie a Michele Wucker2, commentatrice e analista politica che ha dedicato un libro, The Gray Rhino, alla descrizione di eventi dirompenti e negativi, che, a differenza del cigno nero, sono prevedibili, come la crisi finanziaria del 2008.
I giornali ricoprono un ruolo fondamentale nel veicolare le associazioni di idee che nascono tra gli esperti, rendendole così patrimonio comune. Grazie a titoli ed articoli, comparsi soprattutto dopo la grande crisi finanziaria del 2008, è ormai abituale il riferimento a falchi e colombe per definire l’atteggiamento delle banche centrali quando si parla di politiche monetarie. I “falchi” sono coloro che, secondo il comportamento predatorio dell’uccello rapace, al minimo segnale di aumento dell’inflazione sono pronti ad aggredire l’economia aumentando i tassi di interesse, mentre le “colombe” hanno atteggiamenti più miti e sono sempre disposte a sostenere i mercati con politiche più accomodanti ed espansive.
Fortunatamente, non tutti i nomi degli animali sono legati ad eventi negativi. Positiva, ad esempio, è stata la comparsa degli unicorni, creature leggendarie che, nel gergo economico-finanziario, indicano start-up non quotate in Borsa eppure valutate almeno un miliardo di dollari. Il termine si deve a Aileen Lee3, fondatrice della Cowboy Ventures, che nel 2013 ha scritto un report proprio su questi “unicorni”.
Positivo è anche l’evento a cui fa riferimento il coniglio: il pattern “Downside Gap Two Rabbits” infatti segnala la fine di una discesa dei prezzi e l’inizio della salita.
Nello “zoo” della finanza si contano anche gli “elefanti”, ossia gli investitori istituzionali e in particolare i grandi fondi pensionistici e assicurativi, gli “squali” alla Gordon Gekko, personaggio del film Wall Street – Il denaro non dorme mai, e i “gatti”, legati a rimbalzi di corto respiro, più tecnici che guidati dai fondamentali.
Tante immagini diverse, con un punto in comune: l’immediatezza. Le figure degli animali hanno infatti il grande vantaggio di essere comprese e ricordate con facilità, ed è fondamentale che i consulenti finanziari ne abbiano sempre chiari l’origine e il significato, così da poter aiutare i non addetti ai lavori a familiarizzare con i concetti chiave dell’economia.
1. “The History of ‘Bull’ and ‘Bear’ Markets”, www.merriam-webster.com
2. Michele Wucker, The Gray Rhino. How to Recognize and Act on the Obvious Dangers We Ignore, St. Martin’s Press, 2016
3. Minda Zetlin, “Why Is a Startup Worth $1 Billion Called a Unicorn? The VC Who Invented the Term Explains”, 25 ottobre 2018, www.inc.com