Il 2021 si è aperto con una buona notizia per Allianz, che ha ottenuto la prestigiosa certificazione “Top Employer Italia 2021”, il riconoscimento internazionale delle best practices nelle politiche e strategie HR volte a contribuire al benessere delle persone e a migliorare l’ambiente di lavoro1.
La Certificazione Top Employers, rilasciata dal Top Employers Institute – l’ente certificatore globale delle eccellenze aziendali in ambito HR – “riconosce i valori, l’integrità e la continua ricerca dell’eccellenza e dell’innovazione nello sviluppo e nella gestione delle risorse umane di Allianz in Italia, anche attraverso il welfare aziendale, ancora più importante in un anno particolarmente impegnativo come è stato il 2020”.
Questo riconoscimento va a premiare un percorso che il Gruppo Allianz, di cui Darta fa parte, ha iniziato da tempo, sviluppando un approccio complessivo di attenzione al benessere dei propri dipendenti, che in passato ha destato anche l’interesse della stampa nazionale2 per l’innovatività della proposta.
Negli ultimi anni, infatti, a livello globale è cresciuta molto l’attenzione delle aziende a quello che si definisce “benessere organizzativo”, ovvero la capacità di un’organizzazione di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale di tutti i lavoratori che operano al suo interno.
Aziende: dalla sicurezza sul lavoro al benessere organizzativo
La più immediata forma di cura del benessere organizzativo riguarda la sicurezza sul posto di lavoro e la salute rispetto a patologie lavoro-correlate. Potrebbero sembrare aspetti scontati, ma è solo nel 1991 che l’OMS ha stabilito che la salute dei lavoratori deve essere migliorata in tutti gli Stati Membri rendendo i posti di lavoro più salubri, riducendo le malattie e gli infortuni correlati con l’attività lavorativa e promuovendo il benessere delle persone al lavoro.
Oggi c’è un’ampia normativa non solo in termini di sicurezza sul lavoro, ma anche nella prevenzione rispetto allo stress lavoro-correlato, riconosciuto come malattia professionale. Occuparsene non è solo un fatto etico, ma anche di efficienza e di costi: l’European Agency for Safety and Health at Work3 ha stimato in 617 miliardi di euro l’anno il costo della depressione da attività lavorativa in Europa. Parte del totale è costituita da 272 miliardi di costi a carico dei datori di lavoro, dovuti sia alle assenze dei dipendenti a causa di problemi di salute, sia al “presentismo”, ossia il fenomeno per cui le persone lavorano pur non essendo in condizioni adeguate, con un conseguente calo di prestazioni. A ciò si aggiungono costi per 242 miliardi di euro legati alla perdita di produttività, 63 miliardi di euro di costi per l’assistenza sanitaria e 39 miliardi in termini di prestazioni previdenziali sotto forma di sussidi di inabilità al lavoro.
Accanto al tema della sicurezza e della salute fisica e psicologica, oggi si punta anche e soprattutto a migliorare il modo in cui il personale vive la propria relazione con l’azienda. Il senso di appartenenza all’organizzazione, la condivisione dei valori e la motivazione a dare il meglio di sé innescano un circolo virtuoso che si riflette da una parte sul benessere psicofisico dei lavoratori, dall’altro sulla produttività dell’azienda.
Negli ultimi anni, il welfare aziendale ha fornito alle aziende gli strumenti per migliorare il benessere dei lavoratori, permettendo di integrarne il reddito con servizi ad alto valore aggiunto, estesi anche alle famiglie dei dipendenti – dalla sanità integrativa ai progetti educativi per i figli, ai pacchetti per consentire ai lavoratori di dedicarsi ai propri interessi in ambito culturale o sportivo.
Secondo un’indagine del 2013 di McKinsey4, le imprese che hanno implementato un sistema di welfare aziendale evidenziano fra i propri lavoratori maggiori livelli di soddisfazione (+16%), di impegno (+6%), di retention (+12%) ed una migliore percezione dell’immagine aziendale (+12%). Al contempo si evidenzia una riduzione delle assenze (-15%).
Tuttavia, il benessere organizzativo è soprattutto un percorso che parte dalla condivisione dei valori e permea l’attività quotidiana, mettendo al centro la persona attraverso la valorizzazione delle competenze, il coinvolgimento, la trasparenza delle informazioni, la fiducia, la flessibilità e la collaborazione reciproca.
Sostenibilità sociale e mercato del lavoro: le sfide post-Covid
L’anno della pandemia, con i lunghi periodi di smart-working forzato, è stato una cartina al tornasole per valutare l’efficacia delle prassi aziendali volte a garantire il benessere organizzativo. Il lavoro a distanza e lo stress generato dalla contingenza della pandemia, infatti, hanno messo a dura prova la capacità delle aziende di mantenere il focus sugli obiettivi e un alto coinvolgimento del personale. Tuttavia, chi aveva già impostato un percorso efficiente per il benessere dei propri dipendenti è stato premiato.
Ad esempio, le realtà che avevano avviato in precedenza forme di lavoro agile, nell’ottica di conciliazione tra tempi di lavoro e tempi della famiglia, sono riuscite a gestire meglio lo smart-working rispetto alle aziende che hanno dovuto attivarlo in via emergenziale. Anche il welfare aziendale ha consentito di migliorare le condizioni dei lavoratori, sottoposti a un forte stress, agevolando il loro coinvolgimento nell’attività.
Con l’emergenza Covid è emersa in modo evidente l’importanza del benessere organizzativo come fattore di successo per le aziende che, grazie alla costruzione di un rapporto stabile e duraturo con i propri collaboratori, riescono a mantenere ed accrescere la competitività anche in momenti difficili come quello della pandemia. L’emergenza sanitaria ha inoltre accelerato dei trend che renderanno il benessere organizzativo sempre più strategico nel prossimo futuro.
Innanzitutto, la crescente attenzione alla sostenibilità da parte del mercato farà acquisire un peso sempre maggiore alla reputazione delle aziende in termini di rapporto con i lavoratori. Non a caso, per gli investimenti si parla di criteri ESG, dove la S sta per Social e indica proprio l’attenzione agli stakeholder come dipendenti e lavoratori. Per citare una delle ricerche più recenti, GFK a novembre 20205 ha calcolato che il 36% delle famiglie italiane ha smesso di acquistare prodotti o servizi a causa del loro impatto negativo sull’ambiente o sulla società. È evidente che le aziende sono sempre più valutate e premiate dai consumatori non solo per i prodotti ed i servizi che erogano, ma anche per il loro impatto verso gli altri, compresi i lavoratori, che sono i primi stakeholder.
In secondo luogo, il lavoro smart e la digitalizzazione inaspriranno la sfida della ricerca dei talenti che, soprattutto nel settore dei servizi, si gioca ormai a livello globale. Le competenze sono infatti un asset fondamentale, e a vincere saranno le aziende con un processo di benessere organizzativo efficiente, che hanno un forte potere di attrazione dei talenti e sono in grado instaurare rapporti duraturi con il personale, evitando di disperdere know-how e garantendo un buon livello di stabilità interna.
In questo quadro, la certificazione come Top Employer Italia assume un significato di grande rilievo ed attesta la capacità del Gruppo Allianz di qualificarsi come partner solido per gli intermediari, in grado di affrontare le sfide del futuro anche grazie alla sua attenzione al benessere organizzativo.
1. Comunicato stampa su www.allianz.it
2. Cristina Casadei, “Nella Torre Allianz i bimbi in ufficio con la mamma e il papà”, 19 giugno 2019, www.ilsole24ore.com
3. Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, “Il calcolo dei costi dello stress e dei rischi psicosociali nei luoghi di lavoro – Revisione della letteratura”, osha.europa.eu
4. Francesca Rizzi, Roberta Marracino, Laura Toia, “Il welfare sussidiario: un vantaggio per aziende e dipendenti”, 2013, www.mckinsey.it
5. Comunicato stampa su www.gfk.com