Oggi sembra scontato potersi muovere tra Stati Europei senza passaporto per studiare, viaggiare o lavorare, eppure è solo da 30 anni che ciò è possibile, da quando cioè l’1 gennaio 1993 è stato istituito il Mercato Unico Europeo.
Non si tratta solo di un’area di libero scambio, ovvero senza barriere tariffarie per il commercio, ma di uno spazio in cui è garantita la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali, impensabile prima del 1993.
Il percorso non è stato semplice ed ha visto proprio recentemente anche un momento importante di rottura: la Brexit, in particolare, con l’uscita del Regno Unito, ha acceso i timori di un ritorno al passato, con conseguenze importanti anche per il mondo finanziario ed assicurativo, che, come il resto dell’economia, è stato coinvolto dal processo di costruzione del Mercato Unico Europeo.
Sarebbe davvero possibile un’Europa senza Mercato Unico Europeo? Per provare a rispondere, è utile ripercorrere brevemente le tappe di questi 30 anni.
Il Mercato Unico Europeo: perché è stata una rivoluzione
L’istituzione del Mercato Unico Europeo ha modificato il modo di vivere, lavorare, studiare, viaggiare, dei Paesi che hanno via via aderito. Pensiamo solo alla generazione Erasmus, che in 30 anni ha coinvolto 10 milioni di studenti che hanno potuto studiare in Paesi europei. Vero che il programma di mobilità internazionale degli studenti è nato prima del Mercato Unico Europeo (era il 1987), ma è stato alimentato nei decenni successivi dalla possibilità di muoversi liberamente tra gli Stati Europei, contribuendo a consolidare l’integrazione tra i diversi Paesi attraverso la “generazione Erasmus”.
Non solo: libertà di circolazione di persone, beni, servizi e capitali significa, ad esempio, che per le aziende si è aperto un mercato ben più ampio dei confini geografici del proprio Paese, in quanto possono vendere i propri prodotti e servizi in un mercato di oltre 450.000.0000 di persone, decisamente più ampio di quello contenuto nei confini nazionali.
Oggi, di fatto, quando parliamo di Mercato Unico Europeo intendiamo uno spazio che comprende oltre 23 milioni di imprese, un PIL pari a 14.522 miliardi di euro (nel 2021), 17 milioni di cittadini che vivono o lavorano in un Paese UE diverso dal proprio, 56 milioni di posti di lavoro creati dagli scambi commerciali1.
Per fare ciò è stato necessario armonizzare le regole, sia abbattendo le differenti normative tra gli Stati, sia eliminando le barriere commerciali (integrazione negativa) ed armonizzando le legislazioni nazionali (integrazione positiva). Questo passaggio non è stato semplice, perché ha significato che ogni Stato ha dovuto rinunciare ad un pezzo della propria autonomia, per integrarsi in un sistema più ampio.
Si capisce quindi perché il percorso è stato molto lungo. Nonostante i trattati di Roma prevedessero già nel 1957 la creazione di un mercato unico della nascente Comunità Economica Europea (CEE), solo nel 1985 la pubblicazione del “Libro Bianco sul Completamento del Mercato Interno” ha dato un forte impulso al completamento del progetto. Il documento prevedeva l’armonizzazione di 300 disposizioni legislative che gli Stati Membri avrebbero dovuto implementare entro il dicembre 1992.
Si è arrivati così all’1 gennaio 1993 quando è nato ufficialmente il Mercato Unico Europeo con i primi 12 Paesi. Trent’anni dopo, gli aderenti sono triplicati: ne fanno parte i 27 Stati Membri dell’Unione Europea oltre ad alcuni paesi extra-UE come Islanda, Liechtenstein e Norvegia che partecipano attraverso lo Spazio economico europeo istituito con l’UE e la Svizzera, che grazie a una serie di accordi bilaterali con l’UE ha un accesso parziale al mercato unico.
L’impatto per il mondo finanziario e assicurativo
La libera circolazione di persone, beni, servizi e capitali ha rappresentato una svolta anche per il mondo finanziario e assicurativo, per almeno due motivi.
Crescita stabile
Innanzitutto, il Mercato Unico ha favorito la crescita economica in Europa, che è fattore dirimente e necessario per sostenere la domanda sia di investimenti che assicurativa.
Per quanto riguarda gli investimenti, infatti, le prospettive economiche di un Paese o, in questo caso, di un intero sistema economico, determinano la disponibilità di reddito attuale e attesa degli investitori. Prospettive positive e un mercato occupazionale in crescita generano fiducia; al contrario, a fronte di dinamiche macro-economiche negative, di timori per l’andamento del mercato occupazionale e di possibile inasprimento delle politiche fiscali, gli investimenti subiscono generalmente una battuta d’arresto.
Inoltre, in economie stabili, aumenta la richiesta di soluzioni assicurative grazie alla rapida diffusione del benessere presso una fascia sempre più ampia di popolazione.
Non possiamo dire cosa sarebbe accaduto nei singoli Paesi se non ci fosse stato il Mercato Unico Europeo. Quel che è certo, però, è che in questi 30 anni l’integrazione dei mercati dei diversi Strati Membri ha portato l’UE a diventare uno dei blocchi commerciali più forti al mondo, al pari delle altre potenze commerciali globali come Stati Uniti e Cina, portando nel lungo periodo una maggiore crescita economica.
Ad esempio, se nel 1993 le esportazioni di merci verso altri paesi dell’UE ammontavano a 671 miliardi di euro, nel 2021 queste hanno raggiunto più di 3,4 trilioni di euro. Bene anche l’occupazione intra-UE (% degli occupati con cittadinanza di un altro paese UE), passata dall’1,8% (UE-15 nel 2006) al 3,4% (UE-27 nel 2021).
Si è creato, dunque, un contesto nel complesso positivo per la crescita economica, che ha aperto opportunità anche per il mondo finanziario ed assicurativo.
La regolamentazione per un quadro normativo omogeneo
La necessità di regolamentare gli scambi tra Paesi con storie, struttura sociale e tessuto economico diversi tra loro ha portato l’Europa ad emanare una serie di direttive per armonizzare le diverse legislazioni e costruire un quadro normativo europeo, per garantire standard omogenei a tutela dei consumatori e regole del gioco uguali per tutti.
In questo contesto si inseriscono alcune delle principali novità normative degli ultimi anni anche per il mondo finanziario e assicurativo: probabilmente, senza il Mercato Unico Europeo che garantisce la libertà di circolazione di servizi e capitali, non ci sarebbe stato bisogno di direttive come Solvency, per la gestione del rischio assicurativo, o Mifid per la disciplina del settore finanziario.
Questo da una parte ha comportato un surplus di lavoro per i Governi che hanno dovuto rivedere le legislazioni nazionali e, a cascata, per società e compagnie che hanno dovuto adeguarsi ai cambiamenti normativi. Dall’altra parte, però, con questo lavoro si è consolidato il sistema di garanzie per i cittadini europei, costruendo un contesto di trasparenza che permette di implementare il rapporto di fiducia con chi fornisce servizi finanziari anche fuori dal territorio nazionale, aprendo opportunità al di là dei confini geografici del territorio di riferimento.
Dopo Brexit e Covid: le prospettive del Mercato Unico Europeo
Nella storia trentennale del Mercato Unico Europeo, Brexit ha rappresentato probabilmente il momento più critico, perché l’uscita dall’Unione Europea e dal Mercato Unico Europeo di un Paese forte economicamente e politicamente come il Regno Unito ha sollevato i timori che il processo di integrazione avviato 30 anni fa potesse interrompersi, anche alla luce del vento anti-europeista che soffiava in molti Paesi.
In realtà, tre anni dopo (l’uscita è stata il 31 gennaio 2020) le conseguenze sembrano pesare soprattutto all’interno del Regno Unito: Brexit è costata, infatti, il 4% del PIL2. Inoltre, gli accordi post-Brexit per disciplinare le relazioni con l’Europa, indicano che anche un’economia forte come quella del Regno Unito non può svincolarsi completamente da una partnership con il “blocco” del mercato europeo.
Anche la “tempesta” Covid ha evidenziato i benefici di stare in un Mercato Unico. Secondo la relazione presentata a febbraio 2022 dalla Commissione Europea, “Il Mercato Unico europeo garantisce una grande riserva di domanda interna e di differenti fonti di approvvigionamento che, insieme all’integrazione dell’Unione Europea nell’economia globale, rappresenta uno dei maggiori asset anche in tempi di crisi”3.
In sostanza, il Mercato Unico Europeo ha dimostrato la sua resilienza anche durante eventi disruptive come la pandemia prima e la guerra in Ucraina dopo, creando un contesto positivo per l’economia e per il mondo finanziario. Quello che ora la Commissione sta facendo è affinare il quadro di governance delle crisi, per preservare la libera circolazione di merci, servizi e persone e garantire la disponibilità di prodotti critici in caso di future emergenze che interessano il mercato unico.
Nessun passo indietro, quindi, per il Mercato Unico europeo, ma un’evoluzione costante, che coinvolgerà anche il mondo finanziario ed assicurativo.
La necessità di avere un quadro di regole condivise sta portando, ad esempio, a tutto il percorso per la tassonomia europea degli investimenti sostenibili con l’obiettivo di realizzare la transizione ecologica europea, che rappresenta per i mercati un’ulteriore opportunità di crescita. È riconosciuto, infatti, il ruolo fondamentale che la finanza ha nella realizzazione della transizione, poiché da soli gli Stati non riuscirebbero ad affrontare gli investimenti necessari a ridurre le emissioni: solo per raggiungere gli obiettivi climatici, l’Europa dovrebbe investire l’equivalente del 2,5% del Pil globale ogni anno solo nel sistema energetico.
Il Mercato Unico Europeo è destinato, dunque, ad essere ancora a lungo il riferimento per il mondo finanziario ed assicurativo. Ciò significa che anche i consulenti finanziari svolgeranno un ruolo ancora più cruciale nel guidare i loro clienti attraverso le sfide e le opportunità dei mercati finanziari globali sempre più interconnessi.
1. “Mercato unico dell’UE”, www.consilium.europa.eu
2. “UK Economy 4% Smaller Because of Brexit, OBR’s Hughes Says”, 26 marzo 2023, www.bloomberg.com
3. “Annual Single Market Report 2022”, 23 febbraio 2022, data.consilium.europa.eu