Imposte di successione sulle polizze vita? Molti guardavano con una certa preoccupazione alla possibilità che con la Legge di stabilità per il 2017 potesse essere introdotta una qualche forma di tassazione sulle polizze vita. Così non è stato ma il timore è che l’appuntamento sia solo rimandato.
Riforma delle imposte di successione, polizze vita nel mirino
Quello dall’aumento delle imposte di successione è un “evergreen”, che ritorna periodicamente quando si apre la discussione su come reperire nuove entrate nel bilancio statale.
Nel gennaio del 2015 è stata presentata in Parlamento una proposta di legge, che punta ad incrementare le aliquote delle imposte di successione, che in Italia sono particolarmente basse rispetto al resto d’Europa. Basti pensare che in Inghilterra l’aliquota standard per le successioni è del 40%, in Germania variano dal 7% al 50% (dipendono dal valore dell’eredità) e in Francia dal 5% al 60%.
In Italia le aliquote sulla successione sono state abolite nel 2001, poi reintrodotte nel 2006 e prevedono che gli eredi debbano pagare un importo tra il 4% e l’8%; per le parentele più strette, l’aliquota si applica sulla parte eccedente 1 milione di euro.
In particolare:
- coniuge, figli, genitori hanno una franchigia di 1.000.000 di euro e un’aliquota del 4%;
- fratelli e sorelle hanno franchigia da 100.000 euro e aliquota del 6%;
- altri parenti fino al 4° grado, affini in linea retta, affini in linea correlata entro il 3° non hanno franchigia, ma aliquota al 6%;
- per gli eredi disabili è prevista una franchigia più alta di 1.500.00 euro ed aliquota all’8%.
Il gettito dalle imposte di successione è di circa 600 milioni l’anno. La proposta di legge del 2015 prevedeva una riduzione delle franchigie ed un aumento delle aliquote, con conseguente incremento delle entrate, ed è ancora in discussione presse la Commissione VI Finanze, sebbene, ad oggi, non siano state calendarizzate sedute per la discussione. Il percorso legislativo, dunque, è partito, anche se siamo ancora al primo step.
Oltre alle modifiche sulle aliquote, ed in aggiunta a quanto proposto dal disegno di legge in discussione alla Camera, nei mesi scorsi si è parlato di estendere le imposte anche alle polizze vita, come soluzione per disinnescare le clausole di salvaguardia da 35 miliardi su Iva e Accise e aggiustare il rapporto deficit/Pil.
Questi strumenti, infatti, non rientrano nell’attivo ereditario, in base a cui si calcola l’asse ereditario a cui applicare le aliquote.
L’attivo, in particolare, comprende beni immobili e mobili, azioni e partecipazioni in società, denaro, gioielli, mobilia. Restano invece esclusi (e quindi esenti dall’imposta), tutti i titoli del debito pubblico, le aziende se gli eredi proseguono l’attività per almeno 5 anni, e le polizze vita.
Per quanto riguarda queste ultime, l’articolo 12 del Decreto Legislativo 346 del 31/10/1990 dice che: “Non concorrono a formare l’asse ereditario le indennità spettanti per diritto proprio agli eredi in forza di assicurazioni previdenziali obbligatorie o stipulate dal defunto”.
In un contesto in cui gli scenari nazionali ed internazionali mettono a rischio i risparmi accumulati, le polizze sulla vita sono diventate così uno strumento di pianificazione e protezione patrimoniale, in quanto la loro flessibilità permette di svolgere differenti funzioni previdenziali e successorie e al contempo di sfruttare al meglio tutta una serie di vantaggi civilistici e fiscali.
Oltre ad essere esenti dalle imposte di successione e donazione, le polizze vita hanno il vantaggio di poter modificare il il beneficiario senza particolari formalità (a meno che non sia espressamente previsto il contrario in sede contrattuale – accettazione irrevocabile di beneficio).
È possibile che le polizze vita rientrino nell’attivo ereditario?
Secondo l’articolo 1920 del Codice Civile, “È valida l’assicurazione sulla vita a favore di un terzo. La designazione del beneficiario può essere fatta nel contratto di assicurazione, o con successiva dichiarazione scritta comunicata all’assicuratore, o per testamento; essa è efficace anche se il beneficiario è determinato solo genericamente. Equivale a designazione l’attribuzione della somma assicurata fatta nel testamento a favore di una determinata persona. Per effetto della designazione il terzo acquista un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione”.
Ciò vuol dire che il beneficiario acquisisce il diritto al pagamento di una certa indennità in base alla promessa fatta dall’assicuratore di pagare il capitale al momento del verificarsi dell’evento assicurato. Il suo diritto non è quindi legato al fatto di essere erede, ma dipende da un patto tra assicurato ed assicuratore. Il suo è un diritto già acquisito, che si consolida nel momento in cui avviene l’evento assicurato: in caso di morte, insomma, non si tratta di aprire una successione, ma di pagare una prestazione.
In base a questo non dovrebbe aver senso estendere la tassazione sulla successione alle polizze vita.
Dall’altra parte, però, la giurisprudenza si sta orientando a considerare le polizze vita a contenuto finanziario come donazioni indirette.
Con sentenza del 19 febbraio 2016 n. 3263, la Cassazione ha stabilito che le polizze sulle vita aventi contenuto finanziario, nelle quali è designato, come beneficiario, un soggetto terzo non legato al contraente da vincolo di mantenimento o dipendenza economica sono configurabili, fino a prova contraria, come “donazioni indirette” a favore dei beneficiari delle polizze stesse.
Questo indirizzo rischia di diventare una leva su cui il Governo potrebbe agire per inserire questi strumenti nell’attivo ereditario.
Ecco perché, nonostante nel 2016 non sia avvenuto ciò che si temeva, la possibilità che le polizze vita siano tassate come strumento di successione è sempre dietro l’angolo. Un rischio a cui gli operatori ed i risparmiatori guardano con particolare attenzione, perché l’introduzione di questa nuova imposta rappresenterebbe un disincentivo a sottoscrivere una polizza vita rispetto ad altri strumenti di valorizzazione del risparmio.