Usare la “testa” o seguire il “cuore”: come si decide se e come investire?
Sembrerebbe scontato rispondere che debba prevalere sempre la ragione, ma, paradossalmente, nella realtà sembra proprio che tra i risparmiatori vincano le emozioni.
In questo quadro, uno dei principali compiti degli intermediari diventa quello di proteggere ed evitare che i clienti possano commettere errori decisionali e valutativi, come, ad esempio, focalizzarsi sulle prospettive di breve termine quando si hanno obiettivi di medio e lungo periodo, modificare il proprio portafoglio facendosi trascinare dalle emozioni, oppure, per contro, non toccarlo per paura di rimpiangere decisioni sbagliate.
Spesso si rischia di essere condizionati nelle proprie scelte di risparmio e investimento da eventi d’attualità di forte impatto mediatico, soprattutto se nazionali – come la corruzione o l’emergenza migranti – ma non in grado di condizionare i trend di lungo periodo dei mercati.
Ci sono delle ragioni ben precise che determinano decisioni irrazionali.
Il tema della scelta è diventato sempre più oggetto di studio da parte di economisti, matematici, psicologi.
Nell’ambito più strettamente finanziario, si è sviluppato negli ultimi decenni un campo di ricerca, noto come finanza comportamentale, che ha preso piede soprattutto negli Stati Uniti, dove anche gli istituti di credito si sono dotati di un loro ufficio studi dedicato al comportamento in questo ambito.
Quanto è difficile prendere una decisione razionale?
Le teorie economiche classiche partono dai seguenti assunti:
- cui chi fa una scelta è pienamente consapevole di quello che è il suo utile;
- è capace di comprendere gli esiti associati a ciascuna alternativa disponibile;
- è pienamente informato;
- è egoista.
Le sue decisioni dovrebbero essere quindi tutte razionali, ovvero massimizzare i benefici e ridurre i costi.
Questo Homo economicus, però, non esiste nella realtà.
Nella pratica, ci sono una serie di elementi che limitano la capacità di prendere decisioni razionali:
- ci sono limiti oggettivi alle capacità cognitive, perché non siamo in grado di “processare” un numero elevato o infinito di informazioni;
- non tutte le informazioni sono accessibili, per cui la valutazione dei costi e benefici diventa incompleta;
- le informazioni vengono selezionate e valutate non sulla base di un valore oggettivo di importanza, ma secondo delle regole di tipo intuitivo;
- ci sono carenze in termini di competenze matematiche, statistiche, economiche.
Ulteriore elemento di complessità può essere il sempre crescente numero di opzioni tra cui scegliere. Lo psicologo Barry Schwartz sostiene che avere a disposizione molte possibilità crea una sorta di paralisi e porti a rimandare la scelta o ad essere insoddisfatto.
Insomma, un conto è sapere qual è la cosa giusta per sè, un altro è compiere scelte razionali per realizzarla.
Finanza comportamentale: tra psicologia e scienze economiche
La finanza comportamentale è un campo di studio che applica la ricerca scientifica nell’ambito della psicologia cognitiva e i metodi propri delle neuroscienze alla comprensione delle decisioni economiche.
Nel 2002, lo psicologo Daniel Kahneman è stato insignito del premio Nobel per i suoi lavori di ricerca che, a partire dagli anni ‘70, hanno rivoluzionato lo studio della psicologia della decisione ed in particolare delle decisioni in condizioni di incertezza, costruendo le basi per integrare la psicologia con la finanza.
In particolare, è diventato un punto di riferimento la Teoria del Prospetto, che ha sviluppato con Amos Tversky. Il modello, sviluppato sfruttando i metodi della psicologia cognitiva, si contrappone al modello della scelta razionale, dimostrando come la scelta, di fatto, è influenzata dal contesto in cui viene effettuata, viziata dall’avversione alla perdita (evitare le perdite è più importante che realizzare un guadagno), distorta da una errata valutazione delle probabilità degli eventi e orientata dal giudizio di valore che le persone attribuiscono alle conseguenze delle loro decisioni.
I due studiosi hanno inoltre dimostrato che quando si devono calcolare le probabilità di accadimento di un evento si utilizzano valutazioni di tipo intuitivo, e non i principi della statistica, come dovrebbe essere. Come conseguenza, gli investitori rischiano di essere traditi dalle loro reazioni emotive, legate a stereotipi, impressioni, esperienze.
Il ruolo degli intermediari: come aiutare i clienti a difendersi dai propri errori
Tutti sappiamo che bisogna decidere in modo razionale, ma poi nella pratica ci lasciamo guidare dalle emozioni, anche quando si tratta di gestire il proprio patrimonio.
In questo contesto, compito fondamentale degli intermediari è anche quello di difendere i clienti dai loro errori di valutazione e dai propri pregiudizi di valutazione nei confronti agli investimenti finanziari.
In che modo? In generale, grazie alla formazione specifica, ai continui aggiornamenti e all’esperienza maturata sul campo, i consulenti hanno degli strumenti in più per poter aiutare a prendere decisioni meglio ponderate, perché:
- hanno competenze tecniche e strumenti per elaborare un elevato numero di dati e valutare in modo oggettivo il valore delle informazioni;
- hanno accesso a diverse fonti di informazioni qualificate;
- non sono emotivamente coinvolti;
- hanno un’esperienza maggiore di un singolo investitore.
Per rassicurare il cliente che può essere colpito dalla precarietà della situazione internazionale o dalla volatilità del mercato, è altrettanto importante offrire soluzioni di partner solidi, capaci di reagire con prontezza agli eventi, come le soluzioni di Darta Saving, Gruppo Allianz, collocate attraverso intermediari che vogliono aiutare il cliente a prendere la decisione più adatta alle sue esigenze.