A 16 mesi dalla scoperta del primo caso di Covid in Italia, l’andamento dei contagi è fortemente rallentato soprattutto grazie alla campagna vaccinale in corso. Le prospettive per i prossimi mesi sembrano positive: i dati che arrivano da Inghilterra, Israele e Stati Uniti indicano che ad un’ampia copertura vaccinale corrisponde un drastico calo delle positività e delle ospedalizzazioni. L’auspicio è, dunque, che, con la campagna vaccinale di massa si sia imboccata la strada per uscire dal tunnel dell’emergenza sanitaria globale.
Qualche segnale positivo arriva già dalle previsioni economiche che, rispetto all’annus horribilis del 2020, per il 2021 sono decisamente migliori.
Il Fondo Monetario Internazionale, ad esempio, ad aprile ha rivisto al rialzo la stima della crescita globale per il 20211: dopo il -3,3% del PIL causato dalla crisi pandemica, per il 2021 ha stimato un rimbalzo del 6%, superiore di 0,5 punti percentuali alle cifre indicate a fine gennaio, e sul 2022 indica un ulteriore +4,4%.
Questo non vuol dire, però, che potremo presto lasciare l’esperienza Covid alle spalle, perché la ripresa sarà ampiamente influenzata da trend innescati proprio dalla pandemia.
Le sfide della crescita nella transizione post-Covid
Il rialzo delle stime di crescita dell’economia globale da parte del Fondo Monetario Internazionale è legato soprattutto agli effetti positivi dell’inizio delle vaccinazioni e alle misure di sostegno di alcuni Paesi come Stati Uniti e Giappone.
Tuttavia, ci sono almeno tre aspetti, “eredità” di Covid, che rendono incerto il prossimo futuro: la disomogeneità della crescita, legata a vaccinazioni e debiti accumulati dagli Stati per fronteggiare Covid; le disparità nel mercato del lavoro; la minaccia dei cambiamenti climatici.
Crescita economica disomogenea
Il dato complessivo di crescita del +6% è una media che, in realtà, nasconde forti disomogeneità tra Paesi. La Cina, ad esempio, ha già avviato la sua ripresa (+8,1% nel 2021 è la stima del Fondo Monetario Internazionale), mentre gli Stati Uniti la dovrebbero raggiungere nella seconda metà del 2021. L’Europa è molto più indietro, con la ripresa attesa per la fine del 2022; l’Italia dovrà aspettare almeno il 2023.
Questa disomogeneità dipende certamente dallo status quo ante Covid, ovvero la condizione in cui i Paesi si trovavano prima di essere travolti dalla pandemia. Ma sulle prospettive pesano anche i debiti pubblici accumulati per fronteggiare la crisi sanitaria ed economica che, prima o poi, dovranno essere riportati su una traiettoria sostenibile. Quale sarà il prezzo? Si dovrà rimettere mano al sistema di Welfare?
Inoltre, sulla ripresa rimane la grande incognita della campagna vaccinale, che non sta andando a ritmi omogenei in tutto il globo. Se Stati Uniti, Cina, Europa hanno iniziato speditamente, altre realtà – dal Sud America all’India fino al continente africano – sono ancora in balìa del virus. Questo disallineamento rappresenta un’ipoteca sul prossimo futuro, perché fino a che non saremo tutti fuori dalla pandemia, nessuno può dirsi veramente al riparo, visto anche il rischio di varianti resistenti ai vaccini disponibili.
Come la globalizzazione ha favorito la diffusione dei contagi in tutto il mondo e il rapido sviluppo dei vaccini, così anche la ripresa dovrà essere globale. Se un Paese come l’India, ad esempio, non si riprenderà dalla pandemia, le conseguenze continueranno a riverberarsi anche sugli operatori economici di altri Paesi che lì hanno stabilimenti produttivi, fornitori, centri di ricerca. A cascata, questo minerà le potenzialità di crescita di intere economie.
Le disuguaglianze nel mercato del lavoro
Secondo una ricerca realizzata da Allianz2 in cinque Paesi Europei, il 75% delle persone ha constatato un impatto alto o molto alto del virus sulla propria quotidianità. Tuttavia, le maggiori ripercussioni su lavoro, cura dei figli, salute, casa, finanza e relazioni sono state subite soprattutto da donne e giovani.
La crisi, infatti, ha colpito di più alcuni target di popolazione. Dall’indagine di Allianz emerge, ad esempio, che le Generazioni Y (nati tra il 1981 ed il 1996) e Z (nati tra il 1997 ed il 2010) ritengono che le loro opportunità di carriera siano peggiorate, mentre i Baby Boomers non hanno sperimentato grandi cambiamenti. Oltre la metà degli under-30 teme di non trovare lavoro dopo aver completato gli studi, e tra le donne la preoccupazione per la propria situazione finanziaria è più elevata rispetto a quella rilevata tra gli uomini. E i timori, purtroppo, sono avvalorati dai dati.
Nel complesso, l’impatto di Covid sul mondo del lavoro è stato molto alto. Secondo le stime dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro delle Nazioni Unite, nel 2020 il numero delle ore lavorate su scala globale è calato dell’8,8% rispetto al 2019: si parla di 12 miliardi di ore perse a settimana, l’equivalente di circa 250 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. Un dato allarmante se si considera che, invece, negli ultimi 15 anni le ore di lavoro erano costantemente aumentate a livello globale – persino nel 2009, in piena crisi finanziaria globale, ci fu un aumento, seppur modesto, delle ore lavorate rispetto all’anno precedente.
Le categorie che ne hanno risentito di più sono le donne, i lavoratori della fascia d’età 25-49 anni, oltre agli autonomi e a quelli che avevano contratti a tempo determinato. In Italia, ad esempio, il tasso di disoccupazione giovanile è tornato a sfiorare il 30%, un dato tra i peggiori d’Europa, e sui 444.000 occupati persi nel 2020 rispetto al 2019, ben 312.000 sono donne.
La spinta alla digitalizzazione innescata da Covid potrebbe inoltre rappresentare un’ulteriore criticità alla ripartenza del mercato del lavoro anche per chi ha competenze elevate. Esistono, infatti, diversi studi3 che stimano che l’impiego dell’Intelligenza Artificiale nelle aziende potrebbe sostituire i lavoratori più qualificati, fino a poco tempo fa non considerati a rischio. Questo non vuol dire che non ci sarà più bisogno di lavoratori altamente specializzati e formati, ma che probabilmente il modo di lavorare cambierà, innescando una trasformazione che richiederà un periodo di transizione.
Ci vorrà, dunque, del tempo per ricucire lo strappo aperto dalla pandemia nel mondo del lavoro, con alcuni gruppi messi più a dura prova degli altri. La situazione potrebbe però portare ad un’instabilità sociale e politica in grado di minare la crescita economica, che invece trae slancio proprio dal coinvolgimento dei giovani e delle donne.
Cambiamenti climatici: ritorno al passato?
Sulla ripresa economica pesa anche l’ombra dei cambiamenti climatici. Se da una parte l’emergenza sanitaria ha accresciuto la sensibilità verso la sostenibilità e le interrelazioni tra salute ed ambiente, dall’altra parte la pandemia ha avuto un impatto devastante sull’inquinamento.
Nel breve termine, la limitazione delle attività ha portato a un calo delle emissioni in atmosfera, positivo per l’ambiente. Nel lungo periodo, tuttavia, spaventano i volumi di “nuovi” rifiuti prodotti, come mascherine, test diagnostici, imballaggi e prodotti monouso, che si accumulano nell’ambiente e che andranno incontro a deterioramento in microplastiche e nanoplastiche. Ad esempio, ogni mascherina chirurgica rilascia fino a 173.000 microfibre al giorno in ambiente marino!
Solo per l’Italia, con 60,4 milioni di abitanti, la domanda mensile di DPI è stimata a un miliardo di mascherine e mezzo miliardo di guanti4. Con un simile consumo esteso ai 7,8 miliardi della popolazione mondiale, la richiesta mensile sarebbe pari a 129 miliardi di mascherine e 65 miliardi di guanti.
Ogni Paese sta affrontando la questione dello smaltimento con le risorse che ha a disposizione, ma i costi aumentano quando si tratta di rifiuti speciali, come quelli sanitari. Così, le economie più povere, come quelle del Sud del mondo, sono costrette a reagire all’emergenza anche attraverso forme inappropriate come lo smaltimento in discarica o gli incendi. Gli episodi di incenerimento incontrollato danneggiano non solo le popolazioni di questi Paesi, ma anche l’ambiente globale sia nel breve che nel lungo termine, creando le condizioni per rallentare la crescita economica, che risente in modo diretto e indiretto dei cambiamenti climatici. E poiché ora la priorità è la lotta contro Covid-19, difficilmente si invertirà la rotta.
Mercati finanziari: come gestire l’incertezza post Covid
Quelli analizzati sono alcuni degli aspetti più evidenti delle ripercussioni della pandemia che continueranno a manifestarsi anche quando, potenzialmente, in Italia e in Europa l’emergenza sanitaria sarà cessata.
Cosa succederà sui mercati? Difficile fare delle previsioni, anche se la storia insegna che il mondo finanziario risente, almeno sul medio periodo, delle ripercussioni dell’economia reale, della stabilità sociale, delle eventuali tensioni geopolitiche.
Di certo, la ripresa post-Covid è tutta da costruire e ci sono molte variabili che possono incrinare un equilibrio ancora precario. Per il mondo assicurativo-finanziario si apre quindi una stagione nuova, caratterizzata da una forte incertezza, una fase in cui nuovi rischi e nuove fragilità strutturali, sociali ma anche personali si sommano a quelli più tradizionali.
Questa incertezza non può essere eliminata ma andrà gestita, cercando di minimizzare i rischi e di cogliere le opportunità che emergeranno. In questo contesto, vinceranno gli operatori più solidi, quelli capaci di leggere le dinamiche a livello globale e affrontare con flessibilità un mercato in evoluzione, con meccanismi innovativi che permettono rispondere all’esigenza di sicurezza e rendimento degli investitori. Una sfida per cui il Gruppo Allianz, di cui Darta fa parte, si sta già preparando da tempo.
1. Marco Vignali, “Fmi migliora le stime di crescita globali. Per l’Italia pil +4,2% nel 2021”, Milanofinanza.it, 6 aprile 2021
2. Comunicato stampa su Allianz.com
3. Mark Muro, Jacob Whiton, Robert Maxim,”What jobs are affected by AI? Better-paid, better-educated workers face the most exposure”, Brookings.edu, novembre 2019; Kevin Roose, “The Robots Are Coming for Phil in Accounting”, Nytimes.com, 6 marzo 2021
4. “Nello smaltimento di mascherine e guanti serve responsabilità”, Wwf.it, 29 aprile 2020