Nel diciottesimo secolo la macchina a vapore diede vita alla prima rivoluzione industriale e cambiò la società, il mondo del lavoro, il volto delle città.
Quasi tre secoli dopo, si torna a parlare di una nuova rivoluzione industriale, scaturita dall’innovazione digitale.
La grande novità, che ha dato impulso a un cambiamento di processi e approcci in ogni ambito, è rappresentata dalla capacità dei dispositivi tecnologici di raccogliere e analizzare una grande mole informazioni, generando i Big Data.
Il mondo assicurativo è partecipe di questa rivoluzione. La capacità di gestire ed interpretare i Big Data può traghettare – e in alcuni casi lo sta già facendo – le assicurazioni verso l’Insurance 4.0.
In generale, oggi, il ruolo delle assicurazioni è quello di gestire le conseguenze di un evento dannoso, intervenendo a posteriori con un supporto al cliente, in base a quanto previsto dalla polizza sottoscritta.
Per il futuro, si delinea invece la possibilità, per le compagnie, di intervenire prima che si verifichi l’evento. Grazie alla mole di dati disponibili, inerenti i comportamenti delle persone, l’ambiente, la sicurezza, l’ambito scientifico, l’andamento finanziario, e grazie alla capacità di analizzarli e incrociarli, è possibile realizzare strumenti che consentono di prevenire i rischi in modo personalizzato, indicando dove, quando e come il cliente può essere protetto e orientando verso scelte e comportamenti che riducono il rischio.
Un esempio? Immaginiamo che il nostro navigatore ci indichi due percorsi possibili per arrivare alla nostra meta. Cosa sceglieremmo se una app fornita dalla compagnia assicurativa informasse che statisticamente è più probabile che si verifichi un incidente su una strada piuttosto che su un’altra? Le compagnie assumerebbero, così, un ruolo predittivo, accentuando la loro responsabilità sociale.
Come è possibile che ciò avvenga?
Cosa sono i Big Data
Secondo una ricerca del World Economic Forum1, ci sono alte probabilità che nel 2025 il 10% degli indumenti, scarpe e accessori siano connessi a Internet e interattivi (wearable), che ci sia una città con più di 50.000 abitanti e neanche un semaforo, e che un robot dotato di intelligenza artificiale sieda in un consiglio di amministrazione.
È l’era del 4.0. Quando usiamo un’app, quando facciamo una ricerca su Google o lasciamo un tweet produciamo dati che sono raccolti e analizzati (nei limiti della privacy).
Anche i macchinari producono dati: basti pensare a quelli delle aziende manifatturiere, le cui azioni producono informazioni utili poi a efficientare il processo produttivo, riducendo gli errori o intervenendo prima che si manifesti un guasto.
Ciò è stato reso possibile dalla diffusione capillare di dispositivi come computer e smartphone, dall’avvento di Internet, dalla consuetudine di usare le applicazioni nella vita quotidiana e dall’Internet delle Cose, ovvero l’estensione di Internet al mondo degli oggetti.
Per ogni minuto si calcolano, così, più di 200 milioni di email inviate, oltre 60 ore di contenuti caricati su Youtube, più di 9 milioni di telefonate e 300mila tweet. Il ritmo con cui queste informazioni vengono prodotte è talmente alto che ogni due giorni si crea un volume di dati pari alla quantità di informazioni generate dall’umanità intera fino al 20032.
La mole di informazioni prodotta costituisce i Big Data, ovvero tutti quei dati che sono generati ed immagazzinati. Grazie ad algoritmi che consentono di analizzarli per individuare relazioni e connessioni tra attività umane, macchine e ambiente, queste informazioni aiutano a comprendere i meccanismi decisionali e l’automazione dei processi.
Si stima che entro il 2020 verranno creati 35 zettabyte di dati (ovvero 35 mila miliardi di gigabyte), ma non è solo il volume a fare i Big Data.
Altre caratteristiche che rendono i dati capaci di comunicare informazioni sono:
- la velocità: più sono aggiornati, più sono attendibili;
- la varietà: hanno più valore se vengono da fonti eterogenee (social, transazioni finanziarie, foto);
- la variabilità: le informazioni acquistano significati differenti a seconda del contesto.
I Big Data sono già utilizzati in tanti ambiti. Quello più intuitivo è il marketing, dove aiutano a conoscere meglio le abitudini dei consumatori per offrire servizi e prodotti sempre più mirati, nel rispetto della privacy per i dati sensibili.
Ma i dati non riguardano solo comportamenti e abitudini delle persone, e vengono usati nei campi più disparati. La genetica usa i Big Data per decodificare il DNA umano; per migliorare la sicurezza, si incrociano Big Data per disporre le forze dell’ordine in base alla frequenza dei reati nei diversi luoghi di una città; in sanità si possono individuare fattori di rischio per prevenire malattie; sul fronte ambientale, si possono evidenziare rischi di catastrofi o di danni agli ecosistemi analizzando dati che derivano dalle serie storiche o dalle attività antropiche.
Insurance 4.0: il caso di Allianz
Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’Osservatorio Big Data Analytics & Business Intelligence della School Management del Politecnico di Milano3, in Italia il settore più interessato nel mercato degli Analytics tra le grandi imprese è quello bancario (28%), mentre le assicurazioni sono all’ultimo posto (6%) insieme alle utility.
Tuttavia, se si prende in considerazione il trend di crescita, sono proprio le assicurazioni a guidare la graduatoria, insieme a manifatturiero e servizi, con tassi superiori al 25%.
Tra le aziende che hanno avviato iniziative, gli obiettivi dei progetti di Big Data Analytics sono stati soprattutto il miglioramento dell’engagement con il cliente (70%), l’incremento delle vendite (68%), la riduzione del time to market (66%), l’ampliamento dell’offerta di nuovi prodotti e servizi (64%), l’ottimizzazione dell’offerta attuale per aumentare i margini (64%), la riduzione dei costi (57%) e la ricerca di nuovi mercati (41%).
Allianz rientra nel novero di chi ha già intrapreso questo percorso.
Allianz Global Corporate & Specialty SE (AGCS), Compagnia del Gruppo specializzata nei grandi rischi, ha avviato nel 2017 una collaborazione con Praedicat, compagnia di analisi InsurTech con sede a Los Angeles, per riuscire a prevedere i principali rischi di catastrofe del futuro.
Il motore di modellizzazione di Praedicat utilizza la tecnologia di apprendimento automatico per analizzare grandi quantità di dati provenienti da pubblicazioni scientifiche peer-reviewed e identificare la possibilità che prodotti o sostanze, nel loro ciclo di vita, generino controversie. Praedicat ha sviluppato anche un database di esposizioni a rischi da parte di settori e aziende. L’obiettivo è di identificare i rischi di catastrofe futuri dei clienti aziendali con molto anticipo rispetto ai metodi attuali.
Hartmut Mai, Chief Underwriting Officer e membro del Consiglio di AGCS ha spiegato che “gli underwriter di AGCS saranno in grado di identificare i rischi emergenti di catastrofi con una maggiore precisione che si basa su analisi approfondite. Inserendo questi nuovi strumenti nel nostro processo assicurativo, non solo miglioreremo la qualità e l’efficienza delle nostre decisioni, ma diventeremo i partner ideali per le aziende grazie ad una migliore identificazione del rischio, in anticipo sugli attuali processi di analisi”.
È dunque un esempio concreto di come potrà cambiare il ruolo delle compagnie assicurative, in termini di capacità di anticipare l’eventualità che un rischio si verifichi (o meno). Anche prima dei Big Data era possibile fare delle stime sulla probabilità che si verificasse un determinato evento; la portata di questa novità, però, sta nel fatto di poter lavorare su una quantità di dati decisamente superiore, vari e aggiornati, analizzati con tecnologie relativamente semplici (gli algoritmi) che possono cogliere una molteplicità di relazioni.
Nel caso specifico di Allianz, sarà possibile identificare e anticipare l’eventualità i rischi, in ambito aziendale. Tuttavia, la stessa metodologia potrà essere replicata in altri ambiti, come quello assicurativo e finanziario, ed applicata anche ai clienti retail.
Pensiamo all’esempio iniziale del navigatore, oppure alla possibilità di anticipare rischi legati alla propria abitazione, alla salute, alla sicurezza, sempre nel rispetto della privacy: l’Insurance 4.0 si caratterizzerà per la capacità delle compagnie di essere non solo partner, ma anche “coach” dei clienti.
1. https://www.weforum.org/reports/deep-shift-technology-tipping-points-and-societal-impact
2. http://www.repubblica.it/economia/affari-e-finanza/2016/01/25/news/larte_di_interpretare_il_boom_notizie_sul_web-132054169/
3. https://www.osservatori.net/it_it/osservatori/comunicati-stampa/big-data-is-now-tomorrow-is-too-late