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Giu 2018

Sentenza della Cassazione e polizze vita, tanto rumore per nulla: cosa dobbiamo imparare da questa vicenda?

A inizio maggio le polizze vita ramo III, categoria in cui rientrano le unit-linked, sono state al centro dell’attenzione dei media. Stampa nazionale, blog, giornali online sono usciti con articoli dai titoli allarmistici come “Polizze vita, perché la Cassazione fa tremare le assicurazioni”1 o “24 miliardi di contratti sono a rischio”2. Il caso è scoppiato dopo la pubblicazione di una sentenza della Cassazione, relativa alla richiesta di annullare un contratto di polizza vita unit-linked sottoscritto da un cliente tramite fiduciaria. Tale contratto, a causa di gravi inottemperanze dell’intermediario, non rispecchiava la volontà del cliente né il suo profilo di rischio.

Nel testo della sentenza, la Cassazione, in un passaggio, faceva riferimento alla natura finanziaria delle polizze vita ramo III, sottolineando che, nel caso in questione, non erano state chiarite le modalità e i rischi dell’investimento al cliente e che, pertanto, il contratto doveva essere annullato.

La stampa ha acceso i riflettori su tale passaggio che, decontestualizzato, ha portato a parlare di un’imminente annullamento di tutti i contratti relativi a polizze vita ramo III, facendo presagire una loro riclassificazione da strumenti assicurativi a finanziari. Sono rimbalzati titoloni che hanno spaventato milioni di persone tra risparmiatori, investitori, intermediari, assicuratori, e che hanno avuto ripercussioni, nell’immediato, in Borsa. Basti pensare che, poco dopo l’uscita dei primi articoli (era il 7 maggio) a Piazza Affari il comparto è andato in controtendenza (-0,44%) rispetto all’andamento generale del Ftse MIB (+0,58%).

Analisi successive con chiarimenti motivati giuridicamente, pubblicati da fonti autorevoli come Ania e Aipb (rispettivamente le associazioni delle assicurazioni e del private banking), hanno poi chiarito che l’ordinanza, relativa al caso specifico, non metteva in discussione le polizze vita ramo III, che continueranno a godere dei vantaggi legati alla loro natura assicurativa. La stampa ne ha dato conto, ridimensionando il tiro di una notizia che sembrava apocalittica, e la tempesta si è rivelata una bolla di sapone.

Tanto rumore per nulla, dunque, ma da questa vicenda possiamo imparare qualcosa.

Il ruolo dell’informazione nel mondo assicurativo

Il “caso polizze vita” induce ad una riflessione sul ruolo dell’informazione anche in un settore molto specialistico come quello assicurativo, in un’epoca in cui, grazie al web, le notizie si diffondono in modo tempestivo e capillare.

Un caso come questo delle polizze vita ha sostanzialmente due impatti diversi, in funzione a due distinte tipologie di lettori.

A fronte di un articolo di tale portata, il pubblico qualificato (intermediari, assicuratori, avvocati, e quanti si occupano di temi molto tecnici come quello in questione) ha gli strumenti per decodificare la notizia, approfondirla leggendo la sentenza stessa e capire quali possono essere le reali conseguenze, al di là del titolo. È un pubblico che ha anche a disposizione delle fonti (ad esempio lo studio legale della compagnia di riferimento), che possono aiutarlo a chiarire i dubbi. L’impatto di un titolone, in questo caso, è limitato. Sicuramente desta interesse e timori, probabilmente crea un temporaneo sconcerto, ma in tempi brevi si può trovare una risposta ai dubbi suscitati.

Diverso è l’impatto su un pubblico che non è addetto ai lavori. La diffusione delle notizie sul web, infatti, comporta che anche temi molto tecnici, un tempo limitati ai circuiti specializzati, vengano ripresi su social e blog. Può capitare così, come nel caso delle polizze vita, che dalla lettura non contestualizzata di una sentenza si scateni il panico, senza che ce ne sia il fondamento.

Non secondario è il rischio di strumentalizzazione da parte di chi, riprendendo un titolo e facendo leva sulla credibilità di testate autorevoli, può porre l’accento su aspetti precisi, anche manipolando la notizia, fuorviando così il lettore che non ha gli strumenti per sapere chi c’è dietro un profilo social o un blog.

C’è anche un altro aspetto. Gli stessi giornali hanno ridimensionato la notizia, ma gli articoli chiarificatori non hanno avuto lo stesso clamore di quelli in cui si sollevava il rischio di una riclassificazione di tutte le polizze unit linked, perché la logica (legittima e diffusa) è che “fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce”. Ciò vuol dire che, probabilmente, non tutti coloro che hanno letto i primi articoli, rimbalzati sui sociali, sono stati poi “raggiunti” anche da quelli che riducevano la portata della sentenza.

Alla luce di tutto ciò, è chiaro come l’informazione abbia un ruolo dirompente. Il rischio è che per un pubblico non specializzato l’eco della notizia non si sopisca mai e che il dubbio che qualcosa possa succedere resti in sottofondo, latente ma pronto a riesplodere.

Cosa fare? Il web stesso può dare una mano a costruire degli “antidoti”. Attraverso siti web e blog e con il supporto dei social, si possono offrire chiarimenti e approfondimenti alla portata di tutti. Nel caso in questione, ad esempio, Ania e Aidp hanno diffuso due comunicati che hanno analizzato giuridicamente tutti i punti “critici” della sentenza, ricontestualizzandoli. I comunicati, disponibili subito sui siti delle associazioni, sono stati poi ripresi dai giornali, dalle compagnie assicurative, dagli intermediari, che li hanno poi diffusi tramite i propri canali, fornendo chiarimenti a quanti li richiedevano.

Sarà, dunque, sempre più importante saper comunicare fornendo informazioni in modo tempestivo e preciso, per aiutare anche chi non è specializzato ad “andare oltre il titolo”.


1. http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-05-05/polizze-vita-perche-cassazione-fa-tremare-assicurazioni-215511_PRV.shtml?uuid=AEIOccjE
2. https://it.businessinsider.com/polizze-vita-unit-linked-nel-caos-dopo-la-sentenza-della-cassazione-che-le-inquadra-come-investimenti/

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