Articolo di Vittorio Pelligra, originariamente pubblicato su Ilsole24ore.com.
“La reputazione, la reputazione. Ho perso la mia reputazione, ho perso la parte immortale di me”, fa dire il Bardo ad un disperato Cassio nel II atto dell’Otello. Ciò che io penso che gli altri pensino di me, ecco cos’è la reputazione. Ma la reputazione non è solo un’opinione sulle opinioni degli altri, è un’opinione ripetuta e pubblica, che circola e si diffonde, che ci definisce nell’ambito della nostra storia sociale, della nostra rete di relazioni. “La vita sociale – infatti, sostiene la filosofa Gloria Origgi – è la traccia informazionale di chi siamo: tutte le nostre interazioni sono informazioni che si accumulano su di noi” (“La reputazione. Chi dice che cosa di chi”, Università Bocconi Editore, 2016).
È facile capire, dunque, quanto questa storia di interazioni che chiamiamo “reputazione” possa essere preziosa in tutte quelle situazioni caratterizzate da asimmetria informativa, dove una parte ha più informazioni dell’altra ma entrambe godrebbero di maggiori vantaggi se fossero in grado di porre rimedio a questo sbilanciamento. E infatti la reputazione è uno dei principali antidoti ai problemi di selezione avversa ma, soprattutto, a quelli legati all’azzardo morale che dall’simmetria informativa possono derivare. E non da oggi.
La radice storica della fiducia in economia
Nell’XI secolo inizia a diffondersi il commercio di lunga distanza in tutto il bacino del Mediterraneo. Un flusso crescente di merci attraversa le rotte che uniscono le sponde dell’Europa meridionale con quelle del Nord Africa e del Medio Oriente. Crescono gli scambi, circola la ricchezza, ma anche la cultura tra società che si incontrano e si mescolano pacificamente. L’ostacolo principale a questo genere di commerci era stato fino ad allora la necessità, da parte dei mercanti, di delegare ad altri i loro affari nei porti lontani: caricare e scaricare, misurare e pesare, conservare e vendere le merci, tra le altre cose. Naturalmente questi agenti avevano interessi solo parzialmente coincidenti con quelli dei commercianti e, in più, a loro vantaggio andava la distanza che implicava l’impossibilità di un controllo costante e puntuale sul loro operato.
In altre parole, il mercante era costretto ad affidare le sue merci e la tutela dei suoi interessi a soggetti il cui operato non era in grado di controllare. La classica situazione di asimmetria informativa post-contrattuale, proprio quella che crea l’occasione per l’azzardo morale. E niente avrebbero potuto risolvere contratti formali e istituzioni capaci di farli rispettare. A certe distanze, con le difficoltà e la lentezza delle comunicazioni era, di fatto, impossibile trovare una protezione giuridica dalla violazione degli accordi commerciali. Per prevenire il rischio di opportunismo, dunque, il mercante avrebbe dovuto rinunciare a delegare gli agenti i quali, a causa dell’impossibilità di impegnarsi in modo credibile ad un comportamento onesto, avrebbero perso, a loro volta, occasioni di lavoro e profitti.
Asimmetria informativa e inefficienza del mercato
Come ci ricorda il premio Nobel Kenneth Arrow, infatti: “Le imprese collettive di qualsiasi tipo esse siano […] diventano difficili o impossibili, non solo perché A può tradire B, ma anche perché seppure B voglia fidarsi di A, egli sa quanto improbabile sarà che A si fidi di lui. Ed è chiaro che questa mancanza di coscienza sociale rappresenta, di fatto, una perdita economica, intesa in senso molto concreto”. Ed ecco perché, continua sempre Arrow: “la fiducia possiede un alto valore pragmatico. La fiducia è il lubrificante del sistema sociale […] Il fatto di potersi fidare risparmia un’enorme quantità di problemi […] gran parte dell’arretratezza economica può essere spiegata come una mancanza di fiducia reciproca”. L’abbiamo visto tante volte negli ultimi “Mind the Economy”: l’asimmetria informativa produce inefficienza non solo per chi ha meno informazioni, ma per tutte le parti coinvolte.
Ad un certo punto, però, i commerci di lunga distanza iniziarono comunque a svilupparsi. Si era trovato un modo per ridurre l’effetto deterrente dell’azzardo morale. L’idea di reputazione giocò a riguardo un ruolo chiave. Nel caso dei commerci di lunga distanza il problema principale riguardava la creazione di un meccanismo capace di rendere stabili le “relazioni di agenzia”, una configurazione istituzionale, cioè, capace di consentire agli agenti di impegnarsi (ex-ante) in modo credibile a promuovere (ex-post) gli interessi del principale, del mercante.
I Maghribi Traders e l’allineamento degli interessi
Abbiamo già rilevato che il sistema legale non era sufficiente a risolvere questo problema di “agenzia” a causa della mancanza di informazioni e della natura lunga e costosa di eventuali contenziosi gestiti in giurisdizioni differenti caratterizzate da codici legali non sempre compatibili o neanche, a volte, intellegibili. Lo storico economico di Stanford Avner Grief ha ricostruito e studiato diversi episodi in cui questo problema venne affrontato e risolto con successo. Uno di questi riguarda la cosiddetta “coalizione dei mercanti magrebini” (“Contract Enforceability and Economic Institutions in Early Trade: The Maghribi Traders’ Coalition”. American Economic Review 83(3), 1993, pp. 525-48). Mercanti ebrei che operarono tra il X e il XII secolo lungo la costa mediterranea e che si diffusero specialmente in Nord Africa, Sicilia, Siria e Egitto.
Come assicurarsi agenti affidabili della cui lealtà e correttezza poter essere sicuri anche senza avere la possibilità di controllarli in alcun modo? I Maghribi Traders risolsero questo problema creando un sistema di incentivi capace di allineare i loro interessi con gli interessi degli agenti, capace, cioè, di far “incapsulare” agli agenti gli interessi dei mercanti.
I due elementi chiave di questo schema erano un “premio salariale”, un compenso per ogni agente superiore al compenso medio ottenuto dagli agenti che lavoravano con altri mercanti e un “contratto implicito”, la promessa, cioè, che nessun mercante della coalizione avrebbe fatto affari con un agente qualora questi fosse stato scoperto a truffare: “Non assumere mai un agente che ha imbrogliato qualcuno dei tuoi e non licenziare mai un agente che si è comportato onestamente”. In questo modo i mercanti riuscivano ad elevare il costo atteso che gli agenti avrebbero dovuto sostenere a seguito di una eventuale truffa.
La convenienza della reputazione
Se anche la probabilità di essere scoperto a truffare è per un agente molto bassa data la distanza con la quale si svolgevano normalmente le operazioni di scambio, il costo legato alla punizione è, al contrario, molto alto; il loro prodotto, dunque, probabilità di essere scoperti moltiplicata il valore della sanzione, il “costo atteso” appunto, può essere sufficientemente elevato da scoraggiare comportamenti opportunistici. In questo gioca un ruolo cruciale il “premio salariale”, il beneficio, cioè, al quale l’agente avrebbe dovuto rinunciare una volta licenziato; il tutto aggravato dal fatto che l’agente infedele non avrebbe potuto contare sulla possibilità di trovare un lavoro alternativo con un altro dei mercanti della coalizione.
Da una parte, dunque, tutti questi costi, dall’altra il beneficio derivante da una eventuale truffa ben riuscita. La scelta dell’agente tra onestà e opportunismo si riduce alla scelta tra un elevato guadagno truffaldino di breve periodo e un guadagno più basso ma ripetuto nel lungo periodo connesso al premio salariale e alla continuazione di una relazione stabile con i mercanti della coalizione. È possibile dimostrare che sotto condizioni non troppo stringenti anche un agente del tutto autointeressato troverebbe conveniente rispettare gli accordi. In questo contesto, allora, la rinuncia al guadagno disonesto nient’altro è se non un investimento nella creazione di una reputazione di affidabilità e correttezza. Un segnale credibile, perché costoso per l’agente, di impegno e fedeltà al mercante.
Teoria dei giochi ante litteram
Questo risultato, la convenienza ad investire in reputazione, è spiegato dal cosiddetto “folk theorem”, un risultato della teoria dei giochi dinamici che dimostra che se le interazioni sono ripetute un numero indefinito di volte tutte le sequenze di azioni che producono un risultato medio superiore al risultato che giocatori razionali otterrebbero come equilibrio in una interazione singola, allora queste sequenze, o strategie, sono esse stesse razionali. Una strategia cooperativa nella quale il mercante paga l’agente un po’ più di quanto dovrebbe e dove quest’ultimo resiste alla tentazione dell’opportunismo comportandosi onestamente, rappresenta una di queste strategie. Si spiega così l’emergere della cooperazione anche tra soggetti puramente autointeressati. Nel caso dei mercanti magrebini la situazione era un po’ più complessa perché il contratto implicito poteva funzionare solo se tutti i mercanti erano informati della reputazione di tutti gli agenti; questo richiedeva un dispendioso scambio di informazioni all’interno della coalizione. Un ostacolo che però non compromise mai l’efficacia del sistema.
Reputazione contro azzardo morale
Avner Grief calcola un tasso di frode del 5 per cento che, per il periodo storico e le condizioni estreme in cui gli scambi erano condotti, si può considerare un ottimo risultato. Se pensiamo quanto più velocemente oggi simili informazioni possono essere scambiate e a costi prossimi allo zero, ci rendiamo conto di quanto i meccanismi reputazionali possano essere potenti alleati di chi debba gestire situazioni a rischio di azzardo morale. Tutto il commercio elettronico, per esempio, si fonda oggi su meccanismi reputazionali che raccolgono, organizzano e diffondono informazioni sulla storia passata delle parti, siano essi clienti che produttori o fornitori di servizi. Può apparire bizzarro che colossi hi-tech come Amazon, Uber, Ebay, AirBnB, Tripadvisor e molti altri abbiano costruito il loro successo su meccanismi molto simili a quelli utilizzati nell’XI secolo dalla coalizione dei mercanti magrebini.
L’investimento per la creazione di una reputazione di affidabilità quando efficacemente promosso, può aiutarci, dunque, a superare molti dei problemi legati all’asimmetria informativa e all’azzardo morale e in alcuni casi anche alla selezione avversa. Grazie a questi meccanismi noi diventiamo più prevedibili per gli altri e gli altri diventano più prevedibili per noi e in questo modo, anche tra estranei puramente autointeressati, possono nascere civili rapporti di fiducia capaci di generare scambi mutuamente vantaggiosi. Perché, come ci ricorda Antonio Genovesi nelle sue “Lezioni di Economia Civile”, “dove non è fede [fiducia N.d.A.], ivi non è né certezza di contratti, né forza nessuna di leggi, né confidenza d’uomo a uomo”.