Articolo originariamente pubblicato su ThinkinPark.
I modelli mentali sono strumenti indispensabili per comprendere il mondo e diventare più saggi.
I modelli mentali sono schemi di ragionamento rappresentati da regole ben definite che ci aiutano nella comprensione del mondo. L’utilizzo dei modelli mentali incrementa le nostre capacità di capire, agire, prevedere, comunicare, ragionare ed esplorare.
Lo sviluppo tecnologico ha incrementato in maniera esponenziale l’ammontare di dati a nostra disposizione: diversamente rispetto al passato, siamo costantemente informati su cosa è successo e sta succedendo a livello globale. Tuttavia la stessa tecnologia ha incrementato le connessioni, le interdipendenze e quindi la complessità. Ne deriva quindi una sorta di paradosso della tecnologia: conosciamo più cose del mondo ma il mondo è contestualmente più complesso; abbiamo più informazioni su cosa sta succedendo ma ci è più difficile capire il perché.
I modelli mentali sono estremamente utili perché gli individui, come ampiamente evidenziato dagli studiosi di Finanza Comportamentale, sono soggetti a tutta una serie di bias cognitivi: in sostanza non siamo assolutamente oggettivi nel valutare le probabilità degli eventi. Questi bias sono ancora più accentuati in presenza di un mondo che sta diventando più complesso. I modelli ci aiutano a esplicitare le ipotesi e a pensare logicamente, a sfruttare a nostro favore i big data per individuare eventuali correlazioni e rapporti di causalità.
Se fino a qualche anno fa un approccio basato sui modelli mentali poteva essere indicato per un limitato numero di specialisti che dovevano gestire situazioni complesse e volumi elevati di dati, oggi invece sta diventando lo standard per chiunque debba formulare una strategia aziendale, allocare risorse, sviluppare prodotti o servizi, gestire i processi di assunzione.
Il pensare con i modelli ci rende contemporaneamente anche cittadini migliori: siamo più lucidi nell’interpretare gli accadimenti politici ed economici, nell’identificare le falle nel ragionamento nostro e degli altri. Siamo più in grado di sviluppare un pensiero critico meno dipendente dal condizionamento dei media.
Le caratteristiche dei modelli
I modelli hanno tre caratteristiche comuni. Prima di tutto semplificano, eliminano i dettagli non necessari, consentono di astrarsi dalla realtà o dalla situazione specifica. In secondo luogo sono schemi formali, che prevedono un meccanismo di ragionamento definito chiaramente. Essendo semplici e ben definiti, rappresentano degli strumenti molto potenti per pensare in maniera logica: consentono di formulare delle ipotesi, capire le connessioni tra ipotesi e risultati, effettuare simulazioni e analisi di scenario, capire la condizionalità delle nostre conclusioni, cioè di quali condizioni di partenza sono conseguenti.
Tuttavia proprio per il fatto di effettuare delle semplificazioni e trascurare i dettagli, i modelli possiedono anche una terza caratteristica: “tutti i modelli sono sbagliati ma alcuni sono utili” ha affermato lo statistico George Box. Quello che intende dire Box è che nessun modello è vero in assoluto e può dare una visione complessiva del problema anche se in molti casi è uno strumento utile per ragionare.
Ad esempio: la disuguaglianza deriva dalla concentrazione del capitale; oppure le cattive condizioni di salute negli Stati Uniti derivano dal consumo di zucchero; il successo politico di Trump dipende dal fatto di essere una figura anti-establishment: ognuno di questi modelli di pensiero può essere in parte vero ma probabilmente non riesce a catturare in pieno la complessità del tema che si sta affrontando. Per affrontare ad armi pari la complessità occorre adottare un approccio multi-modello: utilizzare più modelli contemporaneamente, anche di discipline differenti, ci consente di vedere la situazione da diversi punti di vista, di cogliere differenti aspetti del problema, di utilizzare processi logici che possono agire in sinergia tra di loro.
Dai dati alla saggezza
Utilizzare i modelli mentali, come dice Charlie Munger, è la via più efficace per diventare saggi.
“Per diventare saggio devi avere i modelli nella tua testa. E devi ricondurre le tue esperienze a questo intreccio di modelli.” (Charlie Munger)
Nell’opera The Rock (1934) il poeta Thomas Stearns Eliot afferma: “Dov’è la vita che abbiamo perduto vivendo? Dov’è la saggezza che abbiamo perso nella conoscenza? Dov’è la conoscenza che abbiamo perso nell’informazione?”.
Questi versi di Eliot hanno ispirato la gerarchia della saggezza (o anche modello DIKW), un modello di pensiero ampiamente utilizzato nella Scienza dell’Informazione, la cui formalizzazione precisa è attribuita al teorico delle organizzazioni Russell Ackoff.
La gerarchia della saggezza è rappresentata nella figura 1:
Al livello inferiore della gerarchia ci sono i dati. I dati sono elementi grezzi e non codificati che si riferiscono a eventi, esperienze e fenomeni di vario tipo: nascite, prezzi di mercato, votazioni elettorali, click sui social media, download musicali, acquisti da parte dei consumatori, risultati sportivi, numero di contagiati in una pandemia e così via. Come abbiamo già osservato lo sviluppo della tecnologia e dei social media hanno incrementato esponenzialmente il quantitativo di dati grezzi che possono essere raccolti e analizzati.
Le informazioni, il livello successivo della gerarchia, suddividono e organizzano i dati in categorie. L’informazione ha quindi un valore descrittivo (la differenza tra informazione e dati è puramente funzionale e non strutturale) e consente di rispondere alle domande chi, cosa, dove, quando, quanti. Il passaggio dai dati all’informazione viene generalmente effettuato dai media, definiti infatti mezzi di informazione, ma anche nelle attività di ricerca delle diverse discipline, dalla finanza alla medicina, dal grande consumo alla computer science, l’analisi e la categorizzazione dei dati rappresenta un’attività centrale.
Fino a qualche anno fa, l’accesso all’informazione poteva rappresentare un vantaggio competitivo determinante (si parlava infatti di informazioni privilegiate): oggi nell’era dei big data, il fattore chiave è capire come utilizzare queste informazioni diffuse per generare conoscenza e rispondere alla domanda “perché”. La conoscenza, il terzo gradino della gerarchia, ha a che fare con la comprensione delle relazioni logiche e causali delle informazioni con l’obiettivo di spiegare gli eventi che sono accaduti e fare eventualmente delle previsioni.
Lo strumento più efficace per generare conoscenza, cioè comprendere il significato delle informazioni, sono i modelli mentali, che dovremmo sempre privilegiare rispetto all’istinto, all’esperienza o alle opinioni degli altri. Il campo della conoscenza è per gran parte popolato dagli specialisti, gli esperti delle diverse discipline che conoscono e utilizzano i modelli del proprio settore per interpretare le informazioni rilevanti.
Al vertice della gerarchia si trova la saggezza. La saggezza consiste nella capacità di capire quale tipo di conoscenza utilizzare in relazione al problema che ci troviamo ad affrontare. Per acquisire la saggezza occorre quindi adottare un approccio multidisciplinare e multi-modello: in alcuni casi la saggezza consiste nel capire quale modello utilizzare tra i tanti a nostra disposizione e in altri nell’utilizzare più modelli contemporaneamente per avere una visione complessiva e affrontare il problema da diversi punti di vista. La saggezza è quindi ad appannaggio dei pensatori orizzontali, coloro che conoscono i modelli delle diverse discipline e sanno come utilizzarli in relazione alle circostanze.
Un nuovo modello di formazione
I primi due step della gerarchia della saggezza, possono essere facilmente replicabili da un algoritmo. Gli algoritmi analizzano i dati per raggrupparli (dai dati all’informazione) e per individuare degli andamenti (dall’informazione alla conoscenza): basti pensare agli algoritmi dei social media che analizzano i nostri click, li segmentano e individuano le nostre preferenze e propensioni al consumo. Il percorso dai dati alla conoscenza sarà sempre più ad appannaggio di sistemi di intelligenza artificiale.
Non esistono invece algoritmi in grado di scegliere fra diversi modelli o utilizzare diverse combinazioni a seconda dei casi: gli algoritmi sono intelligenti (cioè possono generare conoscenza dalle informazioni e possono anche imparare) ma difficilmente potranno essere saggi. Come affermato da Russell Ackoff, la saggezza è la caratteristica che distingue l’uomo dalle macchine.
“La saggezza è la caratteristica che distingue l’uomo dalle macchine.” (Russell Ackoff)
Il decisore moderno, in un contesto caratterizzato da big data e intelligenza artificiale, deve quindi cercare di fare lo step che lo porta dalla conoscenza alla saggezza: deve cioè sviluppare un approccio orizzontale che prevede la comprensione dei principali modelli delle diverse discipline e la capacità di selezionarli o utilizzarli in maniera sinergica a seconda delle situazioni. Queste caratteristiche gli consentiranno di andare oltre la conoscenza, che è ad appannaggio degli specialisti, di acquisire una visione d’insieme, e di sfruttare il lavoro delle macchine, mantenendosi sempre ad un livello superiore, piuttosto che competere con loro.
Purtroppo il sistema formativo moderno, dalla scuola alle università, pone un focus quasi esclusivo sull’apprendimento meccanico delle informazioni. Poco spazio viene riservato alla generazione della conoscenza, cioè all’utilizzo dei modelli per comprendere e interpretare le informazioni. Inoltre, essendo la didattica prettamente specialistica, chiusa alle contaminazioni tra le diverse discipline, la scuola non ci insegna in alcun modo ad acquisire un approccio orizzontale, multi-modello, e quindi non ci guida nel percorso verso la saggezza. Per questo come ThinkinPark riteniamo che oggi sia più che mai essenziale introdurre un nuovo metodo di formazione che valorizzi oltre all’apprendimento dei principali modelli anche le connessioni tra le diverse discipline.
Bibliografia
Ackoff, Russell. From Data to Wisdom. Paper, 1999.
Page, Scott E. The Model Thinker: what you need to know to make data work for you. Basic Books, 2018.