Articolo originariamente pubblicato su ThinkinPark.
Peter Drucker (1909 – 2005) è stato senza dubbio una delle figure più influenti nel campo della strategia aziendale. Autore di numerosi libri e docente universitario, nella seconda metà del secolo scorso ha lavorato come consulente al fianco dei CEO di alcune delle più importanti aziende a livello globale.
Le decisioni efficaci
Nel suo libro più conosciuto The Effective Executive, Drucker afferma che “la comprensione che porta alla decisione corretta nasce dallo scontro tra opinioni divergenti e dall’analisi approfondita di alternative in competizione.”
“La comprensione che porta alla decisione corretta nasce dallo scontro tra opinioni divergenti e dall’analisi approfondita di alternative in competizione.” (Peter Drucker)
Secondo Drucker quindi, la prima regola del decision making è non prendere mai una decisione senza prima sottoporla al vaglio di un dissenso organizzato che consenta di mettere a confronto diversi punti di vista e valutare opinioni differenti.
Alfred P. Sloan, il leggendario presidente e amministratore delegato della General Motors, ai tempi la più grande azienda americana, durante uno dei comitati con le sue prime linee affermò: “Signori, mi sembra di capire che siamo tutti d’accordo sulla decisione da prendere, vero?” E tutti i manager attorno al tavolo fecero un cenno di assenso. “Bene, allora propongo di posticipare la discussione del tema al prossimo incontro per darci il tempo di sviluppare un po’ di disaccordo e forse capire un po’ meglio di che cosa si sta parlando.”
Sloan era un manager paziente che non agiva mai sull’istinto. Quando doveva prendere una decisione importante voleva essere sicuro di non partire mai dalla conclusione e non cadere nella trappola di focalizzarsi solo sui fatti che l’avrebbero supportata: in sostanza voleva evitare a tutti i costi il confirmation bias. E uno dei modi più efficaci per farlo era cercare di stimolare il dissenso tra i suoi riporti, per far emergere più punti di vista sul tema che si stava discutendo.
Il primo importante lavoro da consulente per Drucker fu proprio proprio presso la General Motors di Sloan, nel 1944. Drucker, allora trentacinquenne, doveva effettuare uno studio sulla struttura manageriale e le policy dell’azienda. All’inizio del suo lavoro, Sloan lo chiamò nel suo ufficio e gli disse: “Non ti devo certo dire io cosa analizzare, scrivere o quali conclusioni trarre. Questo è il tuo compito. La mia unica indicazione per te è: scrivi quello che pensi sia giusto. Non ti preoccupare della nostra reazione. Non ti preoccupare se quello che scrivi ci piacerà o non ci piacerà. E soprattutto non preoccuparti dei compromessi che potrebbero essere necessari per rendere le tue raccomandazioni accettabili. Non c’è nessun manager in questa azienda che non sia in grado di fare ogni possibile compromesso anche senza il tuo aiuto. Ma non può fare il giusto compromesso a meno che tu non gli dica prima cosa sia giusto.”
In sostanza Sloan cercava di utilizzare anche i consulenti esterni per generare opinioni diverse rispetto a quelle prevalenti in azienda, una pratica molto diversa da quella usuale in cui i consulenti vengono utilizzati per proporre delle misure che il manager ha già in mente ma non è abbastanza forte per implementare da solo.
La strategia del dissenso di Roosevelt
Franklin D. Roosevelt aveva sviluppato una sua particolare strategia per creare la diversità di opinioni necessaria per comprendere a fondo le questioni di particolare rilevanza. Quando doveva prendere una decisione importante, chiamava da parte uno dei suoi aiutanti e gli diceva “voglio che lavori a questa cosa per me, ma mi raccomando mantieni lo stretto riserbo”. Poi convocava altri riporti, che sapeva avevano opinioni e caratteristiche molto differenti dal primo, e gli dava lo stesso compito, sempre “mantenendo un livello di segretezza assoluto”. In questo modo era ragionevolmente tranquillo che tutti gli aspetti della questione sarebbero stati sviscerati e analizzati e non sarebbe caduto vittima dei preconcetti di qualche suo aiutante.
Mettere sul tavolo opinioni differenti è molto utile anche per generare alternative che possono trasformarsi in piani B se le circostanze lo richiedono. Durante la sua campagna elettorale prima di diventare presidente nel 1933, Roosevelt aveva presentato un piano di ripresa economica basato su politiche molto prudenti e su un budget bilanciato. Tuttavia un ristretto team di consulenti del presidente, successivamente denominato “Brains Trust”, aveva iniziato a lavorare in parallelo su una strategia molto più aggressiva, basata su riforme economiche e sociali radicali. Quando, subito dopo la sua elezione, il sistema finanziario collassò, Roosevelt si rese conto che le politiche conservative che aveva presentato poco prima erano ormai superate dagli eventi. Ma non cadde nel panico perché aveva un’alternativa: il “new deal” era già pronto.
Conclusioni
Tra i principali compiti del decisore efficace c’è quindi quello di stimolare un “dissenso organizzato”. Il suo obiettivo non è partire con un’opinione predefinita né cercare di stabilire immediatamente cosa sia giusto o cosa sia sbagliato: il suo obiettivo è capire perché ci possano essere valutazioni e punti di vista differenti sulla stessa questione. Usa il conflitto e la tensione tra le alternative per essere sicuro che tutti gli aspetti più importanti siano stati analizzati attentamente: solo allora può prendere una decisione efficace.
Bibliografia
Drucker, Peter F. The Effective Executive. Harper Business, 2006.