Uno dei temi che più appassionano gli investitori riguarda lo stile di gestione con cui si dovrebbe amministrare il proprio patrimonio.
Da un lato abbiamo i fautori della cosiddetta gestione attiva, ovvero coloro che ritengono che si possa – e in determinati casi si debba – implementare un’operatività specifica in termini di selezione dei titoli e dei mercati finanziari in cui investire, affiancando la ricerca del timing, ovvero del momento migliore in cui portare a termine quanto stabilito.
Dall’altra parte troviamo invece i teorici della gestione passiva. In questo caso l’assunto è che la performance nel medio e lungo periodo viene realizzata solo dai mercati finanziari e che quindi l’importante è rimanere agganciati ad essi formulando il portafoglio campione più adatto. Questo portafoglio per definizione non cambia mai a livello di asset allocation, ma cambia piuttosto la frequenza con cui vengono ripristinate le percentuali iniziali, ovvero la frequenza del ribilanciamento.
Grazie agli interventi delle banche centrali mondiali, in corso ormai dal 2008 o poco dopo, i mercati finanziari sono risultati i principali destinatari di ingenti quantità di liquidità che apparentemente hanno premiato qualsiasi asset class a nostra disposizione in maniera indistinta. Questa circostanza ha portato sempre più investitori a ritenere che la mano dell’uomo – comprensiva del genio e delle abilità individuali, ma anche dell’emotività e dell’ingordigia che spesso accompagnano le scelte – si sia rivelata più dannosa che altro.
Tanto per fare un esempio semplice riflettiamo sui momenti difficili che hanno segnato i mercati finanziari negli ultimi 10 anni. Quanti cali improvvisi dei listini, quante situazioni in cui abbiamo pensato di poter assistere ad un crollo senza fine delle quotazioni, quanti momenti in cui, disperati, abbiamo venduto tutto accusando enormi perdite, dalle quali non ci siamo più ripresi. Ebbene, in questi stessi 10 anni, la performance del maggior listino azionario americano, lo SP500, è stata del 269,07%, ovvero una media di circa il 27% annuo semplice1.
Osservando questi dati è logico che molti investitori abbiano valutato l’opportunità di investire seguendo una logica passiva, buy and hold come si dice, cioè “acquisto e mantengo l’investimento”.
A questa ipotesi di lavoro hanno provato a fornire una risposta razionale economisti e gestori famosi, menti illuminate che per decenni hanno proposto un proprio portafoglio statico, in grado nel lungo periodo di accogliere al meglio, passivamente ma con ribilanciamenti opportuni in corso d’opera, le occasioni che il mercato – e non l’uomo – proponeva loro.
Questi portafogli vengono chiamati lazy portfolio, letteralmente “portafogli pigri”, ovvero portafogli che riflettono e traducono al meglio le strategie passive del proprio inventore.
Tra le tante proposte famose a nostra disposizione, prendiamo in considerazione quella di uno dei gestori oggi più famosi, Ray Dalio, noto per aver delineato il lazy portfolio All Weather, cioè “adatto per tutte le stagioni”. Ray Dalio è anche noto per aver fondato la Bridgewater Associates, che negli ultimi 30 anni è stata protagonista di molte iniziative d’investimento di grande successo.
L’All Weather si basa sulla semplicità e fonda i suoi assunti nella ricerca di quell’opportuno mix di attività tra loro decorrelate e diversificate, in modo tale da far crescere costantemente il patrimonio nel lungo periodo e contenerne le fluttuazioni negative.
Se sintetizziamo in una matrice tutte le fasi del ciclo economico, possiamo ricondurre il tutto a un grafico2 con crescita economica e inflazione: incrociando le due variabili daremo vita a 4 possibili scenari, e ognuno dei 4 quadranti vedrà protagonisti alcuni asset favoriti a scapito degli altri.
La matrice evidenzia quindi per ogni scenario le attività che performano meglio nelle differenti fasi di congiuntura economica. L’esempio riportato ci mostra come, in presenza di inflazione crescente, l’oro e le commodities tendano a fare meglio delle altre classi di investimento. Le obbligazioni invece sono il miglior investimento sia in contesti deflattivi che di assenza di crescita. Le azioni, al contrario, sono le protagoniste principali quando c’è crescita economica.
L’assetto con cui Ray Dalio ha definito il miglior portafoglio passivo possibile è il seguente:
Come illustrato dal grafico3, avremo quindi una quota di azioni americane per il 30%, materie prime e oro al 7,5%, mentre il restante 55% sarà investito in titoli di stato americani, di cui il 40% a lunghissimo termine.
Fin dal 1996, questa strategia ha dato vita ad un vero e proprio comparto d’investimento denominato All Weather. Come per tutti gli chef che si rispettino, ci sono noti gli ingredienti principali ma non tutti i segreti e le personalizzazioni che ovviamente hanno segnato i successi di Ray Dalio.
Con questi punti fermi iniziali, possiamo fare ora un piccolo esercizio di implementazione utilizzando questa strategia in Darta Easy Selection.
È comunque utile ricordare alcuni dati relativi al portafoglio appena presentato (riportati nella tabella4): negli ultimi dieci anni la media del rendimento annualizzato è stata del 7,21% con una perdita massima consecutiva, sempre nei 10 anni, del 12,19%.
Venendo dunque al nostro esercizio, con Easy Selection abbiamo a disposizione tutte le risorse per costruire un portafoglio che contenga al proprio interno gli asset del portafoglio pigro. Ci sono infatti fondi che investono sulle materie prime, altri che invece sono specializzati in aziende estrattive del settore aurifero, per non parlare degli innumerevoli fondi azionari e obbligazionari sui quali ci si può sbizzarrire.
Per quanto riguarda la componente azionaria possiamo spaziare da quelli generalisti, per arrivare poi via via a fondi più specifici sia a livello geografico sia settoriale o tematico. In questo senso quindi, il contraente può decidere quanto peso attribuire alla parte cosiddetta core, e scegliere poi i pesi e le tipologie di fondi satellite (paesi emergenti, tematiche specifiche quali la tecnologia, la farmaceutica, la terza età e così via). Non dimentichiamoci che comunque la diversificazione è un fattore importante e che ciascuno ha un profilo di rischio di lungo periodo su cui modellare le proprie scelte. La componente azionaria dunque potrebbe/dovrebbe prevedere anche piccole varianti purché una volta decise, vengano mantenute fisse nel tempo. All’aumentare della personalizzazione potremmo tradire, seppur solo in parte, lo spirito specifico dell’All Weather, ma in cambio potremmo sentire il portafoglio più vicino a noi e alla nostra visione del futuro.
Venendo alla parte obbligazionaria, passiamo all’area più problematica del portafoglio come negli ultimi mesi è emerso proprio dagli scritti degli analisti del Bridgewater e di Ray Dalio stesso. Ormai da anni, infatti, siamo in territorio di rendimenti negativi per la gran parte dei bond dei paesi sviluppati, anche su scadenza abbastanza elevate. Viene difficile pensare che questa tendenza possa ulteriormente proseguire anche nei prossimi anni. Ciò comporta dunque un ragionamento ulteriore sulla scelta dei fondi obbligazionari che, per antonomasia, hanno costituito nei decenni passati la cosiddetta parte tranquilla e profittevole del portafoglio, priva di rischi elevati e utile ad ammortizzare la volatilità della componente azionaria. Oggi no: oggi anche questa componente va valutata con prudenza, inserendo probabilmente duration meno elevate e anche fondi obbligazionari agganciati all’inflazione.
È certo però che anche i lazy portfolio non potranno mai sostituire l’aspetto professionale e umano dell’essere affiancati dal proprio consulente. Non dimentichiamoci che l’All Weather è un portafoglio espresso in dollari e l’investitore europeo correre quindi un rischio cambio investendo in bond statunitensi. Lo stesso Ray Dalio poi ci evidenzia l’importanza di guardare anche ai nuovi mercati obbligazionari asiatici in generale, e a quello cinese in particolare – sono ormai già trascorsi due anni da quando Bloomberg ha inserito i titoli obbligazionari cinesi nel Global Aggregate Bond Index e il peso è oggi del 6,8 % del paniere.
Meglio quindi lasciare alle competenze dei singoli consulenti e agli obiettivi dei contraenti la stesura finale e specifica del proprio portafoglio di lungo periodo a seconda del profilo di rischio e dell’orizzonte temporale di ognuno.
1. Fonte: FIDA Workstation
2. Fonte: Ofdollarsanddata.com
3. Fonte: Ofdollarsanddata.com
4. Fonte: Lazyportfolioetf.com