Il caso GameStop ha riempito le pagine dei giornali per tutta questa prima fase dell’anno e probabilmente rimarrà al centro dell’attenzione dei media ancora per altro tempo.
Innanzitutto, proviamo a mettere ordine. L’azienda in questione, quotata sul mercato azionario americano del New York Exchange, è molto nota tra i più giovani e i loro genitori: si tratta del più grande rivenditore mondiale di giochi nuovi ed usati, che nel tempo ha allargato la sue attività anche ad accessori per videogiochi e console.
Apparentemente, stiamo parlando di un titolo che, occupandosi di un’attività tipicamente casalinga, avrebbe potuto beneficiare degli effetti della pandemia. Dopo aver toccato un minimo di quotazione di 2,57 $, secondo i provider finanziari il titolo aveva incominciato a salire durante la seconda fase del 2020 – specie con l’arrivo, in autunno, delle nuove limitazioni imposte per contenere l’epidemia di Covid 19 – arrivando stabilmente a valere poco meno di 20 $ fino ai primi di gennaio del 2021, grazie all’ingresso di nuovi soci e al progetto di affiancare alla tradizionale attività fisica l’esperienza digitale.
In queste circostanze, l’attività finanziaria degli operatori è rivolta a prendere posizione sia nel caso in cui la svolta strategica porti risultati positivi, sia in caso contrario. Immaginando questo secondo scenario, vengono effettuate operazioni per trarre vantaggio dall’eventuale caduta del valore del titolo, come è accaduto per GameStop. Sono stati molti, infatti, gli operatori che hanno impostato operazioni al ribasso sul titolo, tramite opzioni e derivati (dati che negli Stati Uniti sono pubblici), mettendosi come si dice “allo scoperto”, avendo cioè venduto il titolo GameStop senza effettivamente possederlo.
È a questo punto che si verifica l’evento inaspettato. Secondo le ricostruzioni, pare che alcuni giovani micro-risparmiatori americani si siano aggregati grazie a Robinhood (un’app di trading che offre la possibilità di operare a basso costo sui mercati finanziari) e che si siano organizzati tramite Reddit, un forum online. Avendo appreso delle operazioni allo scoperto di molti importanti operatori finanziari, avrebbero deciso di mettersi tutti insieme ad acquistare titoli di GameStop per “dare una lezione al sistema”.
Pur disponendo singolarmente di modeste risorse, unendosi in un grandissimo numero (nel solo mese di gennaio Robinhood è stata scaricata da 3 milioni di nuovi utenti) e acquistando delle opzioni a basso costo perché rappresentative di un livello di prezzo di GameStop molto alto (come si dice, Out of the Money) e quindi secondo il mercato difficilmente raggiungibile, i nostri novelli rivoluzionari hanno determinato un innalzamento continuo del prezzo del titolo, arrivato ad un certo punto ad un massimo di circa 480 $.
Sono situazioni estreme che si possono concretamente verificare per motivi tecnici. L’utilizzo dei derivati comporta infatti un effetto leva, amplificando le variazioni di prezzo. Per fare un esempio semplice, possiamo dire che usare una leva 10 è un po’ come investire 100 ma avere la perdita o il guadagno su 1000: la variazione dell’1% del sottostante comporta una variazione del 10% sul capitale investito.
Gli operatori che hanno venduto GameStop senza possederlo hanno visto l’impatto del rialzo del prezzo del titolo abbattersi violentemente sul valore dei propri investimenti alimentato dall’utilizzo di queste leve finanziarie che matematicamente possono esporre a perdite ingentissime soprattutto per i venditori delle opzioni al rialzo (Call). Il primo effetto prevede solitamente il tentativo di chiudere la posizione o di crearne una opposta per neutralizzarla: nel caso specifico acquistare il titolo, alimentando la spirale rialzista. Ma quando i movimenti sono così repentini, spesso è impossibile riuscirci e gli effetti sono disastrosi.
La riprova è venuta dalla chiusura dell’Hedge Fund Melvin Capital, che per questo meccanismo ha denunciato di aver perso il 53% del proprio valore. Altri importanti investitori hanno ammesso di aver perso tutto l’investimento dedicato all’operazione GameStop.
E non è finita. Questa mirabolante ascesa – da 20 a 480 $ – non ha attirato solo l’attenzione dei media, ma anche quella di tanti piccoli o grandi investitori che non hanno compreso i meccanismi celati dietro questa situazione e si sono precipitati ad acquistare il titolo a qualsiasi prezzo, convinti di assistere ad un rialzo infinito e contribuendo ad alimentare la situazione. Peccato che, dopo aver raggiunto quelle vette insperate, il titolo sia poi ridisceso verso i 40 $, lasciando forse sul lastrico questa volta chi aveva preso posizione immaginando la sua crescita. Ma la storia non è ancora finita: proprio in questi giorni l’interesse è ripreso, e il titolo ha sfiorato nuovamente i 170 $.
Molti commentatori hanno letto questa vicenda quasi come una rivincita dei risparmiatori verso gli operatori professionali di Wall Street. Qualcuno ha anche parlato di democratizzazione dei mercati finanziari, e qualcun altro, ispirandosi al nome della app coinvolta, ha pensato di paragonare la storia a quella di Robin Hood, che sottraeva denaro ai ricchi per redistribuirlo ai poveri. Tuttavia, le cose non sono mai come sembrano.
Andando su Yahoo Finance1 possiamo facilmente verificare chi siano i veri azionisti di GameStop e se fra questi ci siano dei professionisti del risparmio gestito di Wall Street, i veri beneficiari della situazione.
Allo stesso link non avremo difficoltà a leggere i nomi delle case di investimento che si occupano di asset azionari americani, noti anche alle famiglie italiane: Fidelity, Vanguard, Morgan Stanley, iShares. È chiaro che vi è una forte predominanza di strumenti cosiddetti passivi e cioè che replicano un particolare paniere o benchmark. Nel nostro caso, ad esempio, GameStop fa parte dell’indice delle piccole medie imprese americane che si chiama Russel 2000. Non ci stupiamo quindi di trovare tra questi investitori professionali ETF e fondi che replicano o questo indice o il mercato delle piccole e medie imprese. Senza saperlo, diversificando e investendo nell’economia reale americana rappresentata dal Russel 2000, anche molti investitori mondiali e italiani hanno beneficiato delle avventure di GameStop. In maniera sorprendente possiamo però dire che i grandi vincitori siano proprio gli investitori professionali.
I grandi sconfitti di questa vicenda sembrano quindi essere due. Come abbiamo già evidenziato, gli investitori professionali che avevano scommesso sul calo di GameStop hanno pagato un dazio molto grande. Ma non possiamo dimenticare i moltissimi risparmiatori che si sono accodati, apprendendo i fatti dai mass media ma purtroppo con un ritardo di alcuni giorni e quindi pagando prezzi del titolo molto elevati. Loro hanno subito il successivo, dato che poi il titolo è passato da 480 $ di massimo a 100 $ circa.
Uno degli aspetti più inquietanti riguarda poi le proteste che hanno segnato i giorni del grande rialzo. Molti brokers infatti non hanno consentito le chiusure delle opzioni al rialzo da parte dei giovani protagonisti di Robinhood, che non hanno potuto massimizzare i loro guadagni. Va ricordato infatti che la liquidabilità di un investimento è sempre un fattore importante che non va trascurato.
Per non parlare poi della cosiddetta “crociata anti-sistema”. È vero, un fondo ha chiuso, qualcun altro si è dimezzato. Ci sono però stime che hanno ipotizzato anche cinque milioni di piccoli risparmiatori di cui solo un ristrettissimo numero ha avuto reali soddisfazioni da questa vicenda. Al di là delle dichiarazioni di facciata la vera domanda è se ne valesse la pena, se il costo per tutti quelli che hanno investito poco ma hanno perso quasi tutto sia stato adeguato alla sfida o se invece siamo di fronte all’ennesima elucubrazione intellettuale. Rimane quindi la riflessione sull’importanza della conoscenza: sarebbe auspicabile che, in conseguenza di questo episodio, i risparmiatori si sentissero spinti ad aumentare il proprio investimento in formazione e corretta informazione, e ad essere affiancati dagli esperti del settore nella valutazione di queste particolari situazioni.
Sono ormai molti coloro che parlano dell’importanza del lungo periodo e dell’identificazione degli obiettivi personali più corretti a cui raccordare i propri investimenti, ma pochi sanno poi mettere in pratica questa valutazione, specie operando da soli. Il ruolo di un buon consulente è fondamentale specie se sa scegliere insieme all’investitore il servizio più adatto a traghettare il patrimonio verso gli obiettivi. Le soluzioni Darta si prestano in maniera particolare ad accompagnare i nostri viaggiatori verso la loro meta, potendo incontrare diverse caratteristiche e necessità a livello globale.