Iniziamo il percorso di approfondimento sull’antiriciclaggio con alcuni dati relativi all’impatto del riciclaggio sull’economia mondiale e osserviamo da vicino il funzionamento di questo fenomeno.
Secondo uno studio condotto dallo United Nations Office on Crime circa 10 anni fa, l’ammontare di denaro riciclato annualmente è compreso tra gli 800 e i 2000 miliardi di dollari, pari a una quota fra il 2 e il 5% del Pil mondiale. Ad oggi questa può considerarsi una stima bassa perché i dati, in fatto di riciclaggio, nonostante i continui interventi normativi, tendono ad aumentare.
Stando a quanto riportato da Repubblica, il Mozambico, uno dei Paesi più poveri del mondo, veicola una massa di denaro riciclato pari al 47% del totale dei propri commerci, la Nigeria il 43%. In Messico, su un Pil di 900 miliardi ne sono stati riciclati 38, nell’est Europa la banca moscovita Dialog ha gestito circa 5 miliardi di dollari in entrata e uscita.
Numeri importanti che, se da un lato aiutano a comprenderne il dato allarmante, dall’altro inducono a pensare al riciclaggio come a un fenomeno di semplice attuazione. In realtà così non è. Si tratta infatti di una serie complessa di operazioni che vanno dal deposito dei capitali al trasferimento graduale degli stessi al fine di renderli legittimi. Ma come? Il riciclaggio di denaro di solito segue un semplice schema suddiviso in tre fasi: collocamento, stratificazione e integrazione (Placement, Layering e Integration).
Nella fase di collocamento o introduzione i proventi dell’attività illecita vengono inseriti nel sistema economico. Questo obiettivo può essere realizzato in diversi modi, ad esempio, tramite il pagamento in contante ad imprese compiacenti, il deposito di fondi presso esercizi commerciali o istituti finanziari dividendo il denaro in piccole somme, così da risultare al di sotto della soglia antiriciclaggio, oppure trasferendolo all’estero in società offshore che nascondono la vera identità dei soggetti intestatari, e espedienti simili.
Nella fase di stratificazione i fondi vengono appunto “stratificati”, cioè vengono effettuate una serie di transazioni finanziarie che rendono molto difficile la ricostruzione del flusso di denaro, mascherandone di fatto l’origine e la proprietà. In questa fase spesso si usa trasferire i fondi da un conto all’altro tramite diversi istituti finanziari, anche stranieri, di modo che il denaro depositato possa essere convertito in un’altra forma o investito nell’acquisto di beni immobili, attività legittime, coperture assicurative ecc.
Nella fase di integrazione il denaro “ripulito” viene introdotto nell’economia reale in forme lecite e transazioni legittime attraverso il deposito delle somme che derivano da vendite di beni (più spesso beni di lusso), vendite di titoli, e simili. Conclusa questa terza fase il denaro è, a tutti gli effetti, pulito e può essere utilizzato senza limiti.
Conclusa anche la terza ed ultima fase del processo, il denaro proveniente da attività illecite risulterebbe a tutti gli effetti pulito e utilizzabile: proprio per impedire che ciò avvenga è stata sviluppata la normativa antiriciclaggio, a cui è dedicato il prossimo approfondimento del percorso.
Avv. Giovanna Aucone
Avv. Valentina Groccia
PG Legal