Nell’ultimo Risk Radar1, che elenca i rischi emergenti ed i trend associati che possono impattare sul settore assicurativo, il CRO Forum ha indicato la pandemia tra i rischi più concreti e ad alto impatto per almeno i prossimi cinque anni.
Anche nei report precedenti la pandemia era una delle variabili prese in considerazione, ma, rispetto ad altre, rimaneva più in sottofondo. L’emergenza COVID-19 ha, evidentemente, ribaltato lo scenario. Il documento, redatto dai Chief Risk Officer delle principali compagnie assicurative europee tra cui anche Allianz, indica come non sia più possibile per il settore pensare a strategie e soluzioni, in termini di prodotti, servizi e investimenti, senza considerare il rischio pandemico.
Questo pone sul tavolo non solo l’esigenza di dotarsi di strumenti di analisi che valutino l’evento pandemico come altamente probabile, ma anche la necessità di ragionare su una possibile risposta delle assicurazioni in termini di protezione dal rischio pandemico stesso.
Le caratteristiche del rischio pandemico
Quella che si presenta è forse una delle sfide maggiori per il mondo assicurativo, a causa delle peculiarità del rischio pandemico e dell’impatto correlato.
Indeterminatezza
Come ormai abbiamo imparato, l’OMS parla di pandemia quando un nuovo agente patogeno, per il quale le persone non hanno immunità, si diffonde rapidamente in diverse zone del mondo.
Mentre l’epidemia resta circoscritta ad una zona limitata (seppur ampia) come uno Stato, la pandemia non ha limiti geografici perché, potenzialmente, l’intera popolazione mondiale può essere contagiata quasi contemporaneamente, con una velocità che è strettamente correlata alla frequenza di viaggi e scambi commerciali.
Oltre a non poter dare alla pandemia una localizzazione, non è possibile neanche indicarne la durata, poiché la scarsa conoscenza del virus che provoca la pandemia può richiedere tempi non quantificabili per la ricerca di una cura o di un vaccino. Inoltre, l’interconnessione tipica della globalizzazione può portare a riaccendere focolai spenti, importati da Paesi che sono ancora in fase acuta.
Bisogna anche considerare che, ad oggi, non ci sono dei parametri che consentano di prevedere quando e dove scoppierà una pandemia, né come si evolverà.
Ogni evento pandemico è, infatti, un caso a sé, perché dipende dalla natura stessa dell’agente patogeno, dalla rapidità di propagazione, dalla durata, dalla disponibilità di strumenti di diagnosi e cura, nonché dalle misure introdotte dagli Stati per limitare i contagi.
Si sa che che la pandemia da Covid-19 non è la prima e non sarà l’ultima, ma non è ancora possibile indicare le condizioni in cui si potrà sviluppare il prossimo virus.
Neanche la storia può dare una mano perché, perché pur essendosi verificate in passato diverse pandemie, la casistica di cui disponiamo non è così ampia da ricavarne fattori comuni che possano aiutare a sviluppare modelli previsionali. Del resto, non è neanche possibile confrontare il mondo del 1918-20, epoca della Spagnola, con il nuovo millennio. E ancor più difficile, in questo senso, è ragionare su orizzonti di 40-50 anni.
Incalcolabilità dei danni
L’indeterminatezza e l’imprevedibilità degli eventi pandemici rendono praticamente impossibile calcolare i danni prodotti.
Nonostante, dall’inizio della pandemia di Covid-19, siano state formulate diverse stime, ancora oggi non è possibile conoscerne l’impatto in termini economici, né sapere quale sarà il massimo raggiungibile. Allo stesso modo, è molto improbabile che si arrivi a costruire un modello su cui prevedere i costi delle future pandemie.
L’unica certezza è che l’emergenza ha conseguenze che travalicano gli aspetti meramente sanitari.
Gli effetti, infatti, si vedono anche in ambito finanziario, con le turbolenze dei mercati, ed economico, sia a livello micro – Business Interruption per le aziende in caso di lockdown, perdita di reddito per i lavoratori – che a livello macro, con gli Stati costretti ad incrementare la spesa ed il debito pubblico per fronteggiare la crisi e mettere le basi per la ripresa.
Le conseguenze possono essere anche di natura politica. Non a caso, il Risk Monitor mette in correlazione la pandemia con altri due rischi: quello di conflitto geopolitico, se la cooperazione internazionale si indebolisce, e quello di protezionismo, se gli Stati cercano di ridurre la vulnerabilità creata dalle dipendenze dalle catene di fornitura internazionale, in particolare in settori strategici come quello dei farmaci e dei dispositivi medici.
Rischio pandemico: quale protezione?
Di fatto, ci troviamo di fronte ad un rischio molto diverso da quelli conosciuti fino ad ora: si sa che ci sono alte probabilità che una pandemia avvenga, ma non si sa né come né quando e con quali effetti avverrà. Tuttavia, l’esperienza di Covid-19 insegna che non si può non affrontare questo rischio, anche con strumenti nuovi rispetto al passato.
Già nella fase più acuta dell’emergenza Covid-19, il mondo assicurativo ha dato una risposta in questo senso. Come sottolineato da Ania2, infatti, molte realtà hanno lanciato sul mercato nuove coperture legate all’emergenza sanitaria, hanno integrato le polizze malattia, hanno proposto servizi aggiuntivi gratuiti come ad esempio il teleconsulto medico. Per citare un esempio in casa Allianz, già il 27 febbraio Allianz Italia ha adottato un piano di misure a sostegno dei clienti residenti nelle zone rosse focolaio del Coronavirus.
Ora il dibattito si è acceso attorno alla possibilità di compiere un passo ulteriore, prevedendo una copertura ad hoc contro il rischio pandemico.
Le difficoltà non sono indifferenti. Le caratteristiche del rischio pandemico, infatti, rendono complesso applicare i principi che sono alla base dei meccanismi stessi che regolano le assicurazioni.
L’indeterminatezza dell’evento pandemico rappresenta un primo problema. La possibilità che tutte le aree del mondo e tutta la popolazione globale siano contagiate per un tempo indefinibile non consente di diversificare il rischio a livello globale né temporale. Questo differenzia le pandemie da eventi come catastrofi naturali, che pure provocano danni potenzialmente enormi da risarcire, ma che consentono di diversificare il rischio da parte delle compagnie, poiché di norma tali eventi non si verificano contemporaneamente in ogni parte del mondo. Cosa che non può dirsi, invece, per la pandemia.
Inoltre, l’impossibilità di calcolare i danni e di prevedere il massimo raggiungibile è un aspetto non secondario quando si parla di assicurazioni. La pluralità dei settori su cui la pandemia va ad impattare, ad esempio, implicherebbe l’erogazione contemporanea da parte di una compagnia di prestazioni da differenti rami assicurativi, dai settori vita, sanità, Business Interruption, fino ad arrivare ad assicurazioni di viaggio, di credito o alla cancellazione di eventi.
Partita persa, dunque? Assolutamente no, anche perché il mondo assicurativo, per sua natura, nasce e cresce proprio per rispondere alle esigenze che emergono con l’evolversi della società e delle sfide globali, come dimostra, ad esempio, l’impegno di molte realtà – tra cui il Gruppo Allianz in primo piano – sul fronte dei cambiamenti climatici.
Probabilmente serviranno strategie diverse rispetto a quelle adottate per altri rischi. A questo proposito, Ania ha istituito un comitato di esperti per studiare se e come il settore assicurativo può dare un supporto anche sul rischio pandemico. Come dichiarato dalla presidente Maria Bianca Farina3, “come assicuratori vogliamo essere a fianco a tutte le altre forze sociali per dare il nostro contributo e possiamo farlo attraverso i nostri assi portanti, e cioè sia con gli investimenti che facciamo a fronte del risparmio che raccogliamo, sia con la protezione dai vari rischi a cui i cittadini sono esposti. Questo modello che sarà necessariamente su una partnership pubblico-privato, lo presenteremo al Governo e vedremo cosa ne pensa: potrebbe costituire la via italiana da presentare in Europa dove il dibattito sulle coperture del rischio pandemico è molto attivo e vivace“.
L’indicazione di una partnership pubblico-privato potrebbe essere una via percorribile, così come la collaborazione a livello europeo.
Il dibattito è in corso e la sua evoluzione sarà certamente interessante. Di sicuro, la possibilità di far fronte a questo tipo di rischio dipenderà, oltre che da una stabile cornice istituzionale, anche dalla solidità delle compagnie assicurative, dalla loro possibilità di diversificare la distribuzione dei rischi nel tempo e nello spazio e dalla loro capacità di innovare.
1. CRO Forum, “Emerging Risks Initiative – Major Trends and Emerging Risk Radar”, 2020 Update
2. Comunicato su www.ania.it
3. Video dell’intervento sul canale YouTube di Ania