Era il 1990 quando il primo rapporto delle Nazioni Unite sullo sviluppo umano dichiarava che “le persone sono la vera ricchezza delle nazioni”. A scriverlo era lo UNDP, che, istituito nel 1965, si occupa di finanziare e coordinare le attività di cooperazione allo sviluppo delle Nazioni Unite, sotto il controllo del Consiglio economico e sociale dell’Assemblea generale dell’ONU.
Da allora, ogni anno viene misurato l’Indice di Sviluppo Umano, un indicatore nato per integrare e superare la visione dello sviluppo come pura crescita economica, espressa dal PIL (Prodotto Interno Lordo), basato su tre dimensioni:
- speranza di vita, che racchiude la possibilità di condurre una vita lunga e sana;
- istruzione, misurato attraverso la media degli anni trascorsi a scuola dagli adulti e la media attesa degli anni da trascorrere a scuola per i bambini che si iscrivono alla scuola primaria;
- qualità della vita, misurata tramite il Pil pro capite medio.
Pur con le difficoltà di raccogliere dati omogenei a livello globale, l’indice di sviluppo umano si è affermato nel tempo come un indicatore autorevole, un “termometro” per misurare il benessere sociale ed economico dei Paesi del mondo e orientare le risorse sui programmi di sviluppo.
Cosa dice questo indice nel 2022, dopo gli anni di COVID, guerra in Europa ed emergenza climatica?
Sviluppo umano, l’indice è per la prima volta in calo
Nella definizione di UNDP, lo sviluppo umano è “un processo di ampliamento delle possibilità umane che consente agli individui di godere di una vita lunga e sana, di essere istruiti e di avere accesso a un livello di reddito tale da garantire uno standard di vita dignitoso”.
Il report pubblicato a fine 2022, “Uncertain Times, Unsettled Lives: Shaping our Future in a Transforming World”, rileva, però, che stanno vacillando le condizioni perché questo processo continui ad essere positivo. Sei persone su sette nel mondo manifestano, infatti, sensazioni di insicurezza per molti aspetti della loro vita, per l’effetto di diverse “forze contrarie” in campo: i cambiamenti climatici, la crescita delle diseguaglianze (accentuate anche dalla pandemia), l’instabilità geopolitica che incombe anche in zone del mondo considerate fino ad oggi sicure, come l’Europa.
La notizia contenuta nell’ultimo report è che, per la prima volta dagli anni ‘90, nel 2020/2021 l’Indice di Sviluppo Economico ha registrato un segno negativo, perdendo i progressi fatti negli ultimi 5 anni.
Questa regressione ha creato particolare preoccupazione. La storia dell’umanità è stata costellata di malattie, guerre, catastrofi naturali, ma ciò che distingue gli ultimi anni è la confluenza della pressione destabilizzatrice sul pianeta, perché la somma di più fattori ha portato a crescenti ineguaglianze e trasformazioni sociali radicali, divenute a loro volta fonti di incertezza per il mondo nel suo complesso e per ciascun individuo.
Bisogna rassegnarsi a questo stato di incertezza globale e continua?
Se non tutto va bene – si legge nel report di UNDP – è altrettanto vero, però, che nulla è perduto, perché esistono delle risorse che possono aiutare a trasformare le sfide in opportunità. La stessa UNDP individua una strada di “uscita”, che contempla anche un ruolo portante del settore assicurativo in quanto forza strategica in un contesto di incertezza globale.
Il mondo assicurativo come chiave di stabilizzazione nell’incertezza globale
Per recuperare il terreno perduto nello sviluppo umano, il Programma delle Nazioni Unite individua la politica delle tre I:
- Investments in risorse e capacità;
- Insurance per proteggere le persone dalle inevitabili contingenze dei tempi incerti e salvaguardare le capacità delle persone e per migliorare l’inclusione finanziaria;
- Innovation per generare competenze utili per affrontare le sfide del futuro.
Il settore assicurativo è così investito di un ruolo di primo rilievo, che chiama in campo tutti gli attori, dalle compagnie, per la loro capacità di sviluppare soluzioni inclusive e per il loro ruolo di investitori istituzionali, agli intermediari, per la capacità di affiancare le persone dal basso.
Due, in particolare, gli ambiti su cui il mondo assicurativo può apportare benefici globali.
Il primo è quello della protezione sociale. Una delle principali sfide che i responsabili politici devono affrontare è la copertura inadeguata delle persone che hanno maggiori probabilità di essere lasciate indietro. Il sistema pubblico, però, non può fare tutto da solo. Ecco perché il ruolo delle assicurazioni diventa fondamentale, per la loro capacità di proteggere le persone dai rischi. Per questo, secondo UNDP, “è fondamentale espandere il mercato assicurativo, in una cornice ben regolamentata”, espandendo l’accessibilità a questi servizi, per affrontare il nuovo contesto di incertezza.
Il secondo è quello della stabilità finanziaria. L’accesso ai servizi finanziari può contribuire notevolmente alle capacità delle persone di navigare in condizioni economiche mutevoli e incerte. L’inclusione finanziaria può ridurre la povertà e la disuguaglianza attraverso l’accesso al credito e assicurazioni. L’organizzazione delle Nazioni Unite evidenzia l’importanza di finanziare l’alfabetizzazione proprio per favorire una maggiore inclusione finanziaria, in quanto strumento per sviluppare conoscenze, fiducia e consapevolezza.
Già da tempo si parla di un ruolo sociale del comparto assicurativo, come investitore istituzionale e fornitore di servizi di tutela delle persone, capace di integrare l’intervento pubblico. Quello che viene messo nero su bianco dalle Nazioni Unite, però, aggiunge un tassello in più e delinea una nuova prospettiva dell’evoluzione della consulenza finanziaria, perché investe il comparto del compito di forza stabilizzatrice rispetto ad una instabilità strutturale che rischia di cambiare il mondo e che sta già impattando sul benessere delle persone.