Tra i megatrend più dirompenti per il mondo finanziario degli ultimi anni, la sostenibilità è certamente ai primi posti. Tuttavia, se sull’importanza di investire in uno sviluppo sostenibile c’è consenso unanime anche grazie ai buoni risultati in termini di rendimento, meno scontata è la definizione di sostenibilità. Quando un’azienda può entrare a pieno titolo in un portafoglio di investimento responsabile e sostenibile? Quali sono i criteri che definiscono la sostenibilità nei tre ambiti ESG (Environment, Society, Governance)?
In assenza di una definizione unica di “investimento responsabile”, fino ad ora ogni agenzia di rating ESG, ogni gestore finanziario, ogni fondo di investimento ha applicato i propri criteri e la propria metodologia nella selezione del portafoglio di imprese sostenibili1.
Ciò non vuol dire che quel che negli ultimi anni è stato definito sostenibile dagli operatori finanziari non lo fosse davvero. Tuttavia, la disparità di valutazione poteva far sì che una stessa impresa fosse considerata sostenibile da un asset manager e non da un altro, destabilizzando l’investitore privato.
Un tema non da poco se si considera che, secondo l’ultimo report di Global Sustainable Investment Alliance (GSIA)2, il mercato degli investimenti responsabili che finanziano imprese sostenibili in ambito ESG vale 30.700 miliardi di dollari, oltre un terzo del Pil globale e un terzo in più dei 22.800 miliardi di dollari di due anni prima. Guardando al futuro, inoltre, la finanza sostenibile è destinata ad accrescere ulteriormente il suo peso. L’OCSE, ad esempio, stima che per raggiungere gli obiettivi dell’accordo sul clima di Parigi entro il 2030 serviranno 6,35 trilioni di euro all’anno, da ricercare anche tra i capitali privati.
Vista la centralità degli investimenti privati nel conseguimento degli obiettivi di sostenibilità, la Commissione Europea ha deciso di scrivere delle “regole del gioco” uniche, a cui dovranno adeguarsi già a partire da marzo 2021 tutti gli operatori finanziari – anche extra UE – che vogliono proporre investimenti sostenibili in Europa.
Tassonomia Europea degli investimenti sostenibili: Allianz nel gruppo di esperti
Il lavoro è partito a marzo 2018, quando la Commissione Europea ha lanciato il Piano d’Azione sulla Finanza Sostenibile a cui è seguita la costituzione del Technical Expert Group on Sustainable Finance (TEG), gruppo di esperti incaricati di fornire le proprie raccomandazioni riguardo alle nuove normative per una finanza sostenibile. Del gruppo ha fatto parte anche Allianz Global Investors3, che da 20 anni si occupa di investimenti sostenibili.
A marzo 2020 è stato pubblicato il report finale4 del TEG con i criteri per individuare le attività economiche in grado di contribuire a raggiungere la sostenibilità in particolare sul fronte ambientale, con l’obiettivo di arrivare alla neutralità delle emissioni entro il 2050.
Il TEG ha considerato 70 settori che producono il 93% delle emissioni inquinanti europee ed ha definito i criteri di screening con le soglie tecniche perché ogni attività possa essere definita sostenibile.
Le attività che possono essere definite sostenibili sono state divise in tre categorie:
- low carbon: già compatibili con gli obiettivi di carbon neutrality;
- transition: attività non assolutamente compatibili con gli obiettivi ambientali fissati per il 2050, ma che sono fondamentali per l’economia, come ad esempio la produzione di cemento e acciaio, cui al momento non esistono alternative green;
- enabling: non prettamente green, ma utili per le altre due categorie.
Il report è diventato parte integrante del Regolamento sulla Tassonomia delle attività eco-compatibili – approvato dal Parlamento Europeo nella sessione plenaria del 19 giugno 2020 e inserito in Gazzetta Ufficiale il 22 giugno – che individua sei obiettivi ambientali e climatici:
- mitigazione dei cambiamenti climatici: ridurre o evitare le emissioni di gas serra o migliorarne l’assorbimento;
- adattamento ai cambiamenti climatici: ridurre o prevenire gli effetti negativi del clima attuale o futuro oppure il rischio degli effetti negativi;
- uso sostenibile e protezione delle acque e delle risorse marine;
- transizione verso un’economia circolare, focalizzata sul riutilizzo e riciclo delle risorse;
- prevenzione e controllo dell’inquinamento;
- tutela e ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.
In sostanza, per l’Unione Europea un’attività potrà avere la patente di sostenibilità se:
- contribuisce positivamente ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali;
- non produce impatti negativi su nessun altro obiettivo;
- si svolge nel rispetto di garanzie sociali minime (per esempio, quelle previste dalle linee guida dell’OCSE e dai documenti delle Nazioni Unite).
Cosa cambia con la Tassonomia europea
Le nuove regole sulla finanza sostenibile inizieranno a dispiegare i loro effetti già da marzo 2021 e consentiranno di fare ordine nel complesso mondo della finanza sostenibile.
Gli operatori del mercato finanziario che operano in Europa, compresi quelli extra UE, dovranno infatti dichiarare in che modo e in che misura le loro attività contribuiscono ai sei obiettivi ambientali. La normativa prevede che, entro il 10 marzo 2021, i partecipanti ai mercati e i consulenti finanziari rilascino informazioni precise circa i rischi per la sostenibilità dei prodotti che propongono.
Darta ha già avviato il lavoro di revisione della documentazione, per fornire tutte le indicazioni richieste dalle nuove regole: informazioni su come vengono integrati i rischi ESG e su come vengono considerati gli impatti negativi, a livello ambientale e sociale, delle proprie politiche di investimento; l’inclusione nella documentazione pre-contrattuale, nella reportistica periodica e sul sito Internet della disclosure su rischi e obiettivi di sostenibilità dei prodotti.
L’avvio vero e proprio della nuova Tassonomia sarà però il 31 dicembre 2021, quando diventeranno operativi i criteri individuati dal TEG e fatti propri dal Regolamento approvato dal Parlamento Europeo in merito a mitigazione ed adattamento ai cambiamenti climatici, ovvero i primi due obiettivi ambientali individuati.
Gli operatori che offrono prodotti finanziari – inclusi i fondi pensione – nella Ue dovranno dichiarare in che misura gli investimenti sottostanti sono allineati alla Tassonomia. Tale misura verrà espressa in percentuale dell’investimento, del fondo o del portafoglio.
Dal 31 dicembre 2022 lo stesso lavoro dovrà essere sviluppato per gli altri quattro obiettivi, per i quali la Piattaforma sulla Finanza Sostenibile incaricata dalla Commissione Europea definirà i criteri tecnici, sulla scia di quanto fatto dal TEG.
L’adeguamento alle nuove regole implica un grande lavoro di reperimento dati da parte delle realtà su cui i fondi responsabili investono: per alcuni indicatori – dal consumo di acqua alle politiche aziendali sulla tratta di esseri umani, fino alle emissioni di sostanze che riducono lo strato di ozono – le informazioni necessarie non sono sempre disponibili.
La strategia per la sostenibilità di Allianz
Il Gruppo Allianz, di cui Darta Saving fa parte, si è da tempo dotato di una propria strategia volta ad individuare gli asset sostenibili su cui investire per coniugare redditività e principi etici. Sono sei i pilastri di questa strategia:
- selezione dei gestori, individuando gli asset manager in grado non solo di rappresentare ma anche di applicare la strategia per la sostenibilità;
- esclusioni chiare degli investimenti in attività dannose, rischiose o inumane: ad esempio le imprese che generano oltre il 30% del fatturato dall’estrazione di carbone, quelle la cui quota di energia elettrica prodotta dal carbone eccede il 30%, le aziende che con la loro intensa attività di costruzione di centrali elettriche a carbone mettono a rischio l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura globale al di sotto dei due gradi, quelle che investono in armi chimiche e biologiche, mine antiuomo e bombe a grappolo;
- investimenti in progetti sostenibili come «sue&til» a Winterthur, il progetto edilizio che oltre a rispettare lo standard energetico in fatto di comfort, efficienza e conservazione del calore, soddisfa anche gli obiettivi della Società a 2000 watt;
- verifica della sostenibilità sugli investimenti non negoziati;
- verifica della sostenibilità sugli investimenti di capitale quotati in borsa, con la valutazione delle aziende in base anche al loro rapporto con l’ambiente, con i dipendenti e la loro responsabilità sociale;
- dialoghi regolari con organizzazioni e specialisti prestigiosi per ottimizzare continuamente la strategia per la sostenibilità, ma anche con imprese che hanno un rapporto controverso con i criteri ESG.
Sulla scorta della lunga esperienza, il Gruppo Allianz è ora strutturato per affrontare con serenità gli impegni richiesti dall’Europa e che sono in linea con quanto il Gruppo ha già messo in campo da tempo, non solo per obblighi normativi – dal 2017, le imprese di grandi dimensioni sono già obbligate dalla direttiva UE 2014/9575 sulla rendicontazione non finanziaria-DNF a fornire informazioni anche in merito agli aspetti ambientali, sociali e di governance del loro operato – ma per una scelta ben precisa, frutto di un percorso iniziato ben 20 anni fa.
1. “Aggregate Confusion: The Divergence of ESG Ratings”, F. Berg, J.F. Koelbel, R. Rigobon, MIT Sloan School Working Paper 5822-19, consultabile sul sito valori.it
2. “2018 Global Sustainable Investmenr Review”, www.gsi-alliance.org
3. Lista dei membri sul sito Ec.europa.eu
4. “Sustainable finance: TEG final report on the EU taxonomy”, 9 marzo 2020, Ec.europa.eu