Secondo l’ultimo rapporto del World Economic Forum, la pandemia ha portato a 135,6 gli anni necessari per azzerare il gender-gap in termini di presenza nel mondo del lavoro – prima di Covid-19, la stima era di 99,5 anni1. Ancora maggiore il tempo necessario a raggiungere la parità nei trattamenti economici: in tal caso si parla addirittura di 267 anni!
Al di là del sensazionalismo di questi numeri, che il tempo confermerà o smentirà, il tema di fondo è che la pandemia ha esacerbato la disuguaglianza di genere in termini di presenza nel mercato del lavoro e di livelli di retribuzione2. Le ragioni sono molteplici e vanno dalla maggiore presenza delle lavoratrici nei settori più colpiti dalle restrizioni anti-contagio, al maggiore carico di lavoro in casa.
L’European Institute for Gender Equality attesta, ad esempio, che durante il telelavoro le mamme hanno dovuto affrontare interruzioni dovute ai bambini molto più spesso dei papà, e che le distrazioni costanti e il carico extra di responsabilità hanno ridotto la loro produttività; questo può tradursi in una riduzione delle possibilità di avanzamento di carriera o di aumento della retribuzione.
Se la pandemia ha peggiorato il quadro esistente, è tuttavia altrettanto vero che nelle istituzioni europee e nazionali c’è una crescente attenzione verso l’uguaglianza di genere, anche in vista del raggiungimento degli Obiettivi ONU del 2030. Il tema è quindi destinato a entrare tra i macrotrend che incideranno sempre più sulle scelte di aziende e privati.
Tre motivi per cui il Gender-gap conta
Da sempre sensibile ai grandi mutamenti della società, il settore assicurativo-finanziario può promuovere il cambiamento e le iniziative a favore l’uguaglianza tra i generi in più modi. Innanzitutto, può veicolare gli investimenti verso attività ed iniziative volte a superare il gender-gap. In secondo luogo, le compagnie possono farsi esse stesse promotrici di esempi e buone prassi aziendali, fungendo da modello per gli altri.
Del resto, solo all’apparenza il tema del del gender-gap sembra lontano dal mondo assicurativo-finanziario: in realtà, ci sono almeno 3 buoni motivi per cui non è solo una questione interessante, ma addirittura strategica.
1. Economia: più donne, più crescita
Il primo motivo riguarda l’impatto del gender-gap sulla crescita economica, fondamentale per la creazione di un ecosistema positivo per il mondo assicurativo-finanziario. Variazioni positive del PIL generano, infatti, sistematicamente l’aumento delle attività del settore, trainate dalla domanda di servizi assicurativi: storicamente, infatti, la richiesta di protezione da parte di privati ed aziende è proporzionale alla variazione del reddito. Sul piano degli investimenti, inoltre, va da sè che un’economia in crescita e stabile rappresenta la cornice ideale per dare solidità agli investimenti ed ai loro rendimenti.
In un contesto come quello europeo, contrassegnato da tassi piuttosto contenuti, il superamento del gender-gap rappresenterebbe un veicolo per la crescita economica. La maggior parte degli economisti sostiene infatti che una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro farebbe crescere l’economia.
Il Fondo Monetario Internazionale calcola, ad esempio, che un più marcato coinvolgimento delle donne in posizioni strategiche genererebbe un incremento del 35% dell’economia globale3.
Un buon margine di miglioramento si potrebbe avere riducendo il divario medio dei tassi di attività tra i generi, che in Europa si attesta attorno al 17%4 con differenze significative anche in termini reddituali: in media le lavoratrici guadagnano il 14% in meno dei colleghi, poiché scontano il peso di astensioni più o meno prolungate dal lavoro e contratti part-time per conciliare il lavoro di cura di bambini ed anziani5.
2. Rendimenti migliori per le aziende più inclusive
Il secondo motivo per cui il gender-gap è questione che interessa anche il mondo assicurativo-finanziario è collegato alle performance delle imprese che puntano sull’inclusione del lavoro femminile: anche in questo caso, c’è ormai un’ampia letteratura che evidenzia come una presenza di donne pari almeno a quella degli uomini genera risultati positivi e duraturi per l’impresa.
Da un’indagine del 2017 di McKinsey6, svolta su un campione di oltre 1.000 società, è emerso che quelle con un alto livello di quote rosa a livello dirigenziale hanno il 21% in più di probabilità di generare un maggior reddito operativo, e il 27% in più di creare maggior valore nel lungo periodo.
A questi dati fa eco la ricerca del 2020 di Heidrick & Struggles7 che, confrontando due gruppi di aziende con sensibilità diverse rispetto alla diversità, ha rilevato che quelle più attente all’inclusione hanno un tasso di crescita annuo superiore del 62%.
Questo si riverbera anche sulle performance sui mercati finanziari. Il confronto tra l’indice Morningstar Developed Markets Gender Diversity8, composto dalle aziende con miglior punteggio sull’equità di genere (in base ai dati Equileap) mostra un miglior profilo di rischio/rendimento rispetto al paniere tradizionale nel periodo 2015-2020.
I dati evidenziano, dunque, che investire tenendo in considerazione le questioni di genere non è solo un tema etico, ma anche una strategia per massimizzare il valore degli investimenti.
3. Mercato sempre più sensibile alla sostenibilità
Terzo motivo per cui il gender-gap è anche un tema delle realtà che operano nel settore assicurativo-finanziario è la crescente attenzione del mercato per la sostenibilità, grande capitolo in cui rientra anche l’uguaglianza di genere.
Già prima di Covid, infatti, la tendenza generale dei consumatori era quella di premiare le realtà più attente all’inclusività, non solo in fatto di diversità di genere, ma anche di orientamento sessuale, religione, etnia, età, disabilità e status socio-economico. Dopo Covid, questa tendenza sarà ancora più accentuata.
Ad esempio, nel 2020 ConsumerLab – insieme alle associazioni di consumatori Adiconsum, Adoc, Federconsumatori e Comitas9 – ha raccolto 32.000 interviste da cui è emerso che solo per il 32% degli intervistati il prezzo è prioritario nel processo decisionale che porta all’acquisto; cinque anni fa, tale percentuale era il 46%. Al contrario, è raddoppiato il peso della reputation: se nel 2015 solo il 16% degli intervistati sceglieva un bene o un servizio in base alla reputazione dell’azienda, nel 2020 tale percentuale è salita al 32%.
Alla luce di ciò, è facile prevedere che il mercato premierà chi si impegna per l’azzeramento del gender-gap in modo concreto, in termini sia di politiche aziendali sia di investimenti attivi.
L’impegno del Gruppo Allianz
Tra i pionieri della sostenibilità, il Gruppo Allianz – di cui Darta Saving è parte – ha da tempo sviluppato e consolidato politiche interne dedicate all’uguaglianza di genere, volte a incrementare la partecipazione femminile e ridurre le differenze reddituali tra uomini e donne.
La solidità dell’impegno è testimoniata da risultati concreti: nel 2020, per il quinto anno consecutivo, il Gruppo Allianz viene incluso nel Gender Equality Index di Bloomberg, l’indice mondiale che misura l’equità di genere nelle organizzazioni. Un riconoscimento che premia gli sforzi che la Compagnia rivolge a tutti gli obiettivi di inclusione e diversity.
Anche sul fronte degli investimenti sostenibili, l’impegno del Gruppo è di raggiungere gli obiettivi definiti dalle Nazioni Unite, tra cui l’azzeramento del gender-gap, tramite la selezione di aziende che promuovono al loro interno l’uguaglianza di genere o che si impegnano per rendere l’istruzione accessibile a tutti.
A fronte delle conseguenze di Covid, che fanno del gender-gap uno dei temi fondanti dei prossimi anni, chi, come il Gruppo Allianz, affronta da tempo questo tema si candida ad essere un partner credibile per intermediari e investitori, sia nella ricerca del rendimento sia, in una visione più ampia, nella promozione dell’equità di genere.
1. Raffaele Ricciardi, “Gender Gap, la crisi del Covid allontana la parità. L’uguaglianza economica arriverà solo nel 2.300”, Repubblica.it, 31 marzo 2021
2. “Covid-19 derails gender equality gains”, Eige.europa.eu, 5 marzo 2021
3. Barbara Ardù, “Lavoro, con la parità uomo-donna l’economia mondiale crescerebbe del 35%”, Repubblica.it, 20 gennaio 2020
4. Manuela Perrone, “Italia ultima nell’Ue per il divario tra donne e uomini nel lavoro. Recovery «occasione irripetibile»”, Ilsole24ore.com, 20 ottobre 2020
5. “Divario retributivo di genere: le donne guadagnano meno degli uomini nell’UE?”, Europarl.europa.eu, 13 gennaio 2020
6. “Investi sulla parità? Il portafoglio cresce di più”, Mckinsey.it, 25 marzo 2019
7. Stefania Aoi, “Le aziende crescono di più se investono in parità di genere”, Repubblica.it, 2 giugno 2020
8. Sara Silano, “Le aziende che promuovono l’equità di genere sono un buon investimento?”, Morningstar.it, 10 febbraio 2021
9. Federico Formica, “Consumatori sempre più attenti alla sostenibilità, ma le aziende restano opache”, Repubblica.it, 6 luglio 2020