Nell’immaginario collettivo, quando si parla di “mercati finanziari” si pensa a un’entità grigia, senza identità, quasi da temere.
In realtà, le decisioni su come e dove investire sono prese da persone in carne ed ossa, che scelgono sulla scorta di una serie di variabili, tra cui la coesione politica di un Paese, le dinamiche economiche e sociali, nazionali e internazionali.
Ad esempio, l’instabilità politica di uno Stato può mandare in “fibrillazione” i mercati, ma, allo stesso tempo, il timore di far scappare gli investitori può portare i governi a prendere decisioni che poi incidono sulla vita quotidiana. L’influenza, dunque, è reciproca.
Lo stretto legame tra i mercati e le variabili “extra-finanziarie” sta nella natura stessa di azioni e obbligazioni. Per entrambi questi strumenti, l’esito dell’investimento è legato a scelte e strategie di chi ha emesso l’azione o l’obbligazione, calibrate anche in virtù di macro-variabili esogene che, se interpretate correttamente, consentono di ipotizzare come si muoveranno i mercati.
Crescita economica, politiche monetarie e stabilità geopolitica: le prospettive per il 2018
Crescita economica
L’andamento dell’economia cosiddetta reale, collegata alla produzione e alla distribuzione di beni e servizi, è un indicatore da tenere in considerazione quando si guarda alle prospettive dei mercati azionari ed obbligazionari.
Un contesto economico in crescita implica maggiori consumi, maggiori scambi commerciali, maggiore produttività da parte delle imprese e introiti maggiori per gli Stati: tutto ciò si traduce in rendimenti positivi per gli investitori.
L’anno appena iniziato dovrebbe essere un anno di crescita economica a livello globale. Nel World Economic Outlook di gennaio 2018, il Fondo Monetario Internazionale stima un’accelerazione dell’economia mondiale del +3,9% per il 2018, in crescita rispetto al +3,7% del 2017. La stima è al rialzo anche rispetto alla previsione fatta a ottobre. “La revisione – si legge nel report – riflette il miglioramento della spinta globale e l’impatto atteso dalle recenti riforme fiscali approvate negli USA”.
In particolare, la riforma fiscale di Trump è vista come volano di crescita che dovrebbe portare gli States a un aumento del PIL del 2,7% nel 2018, contro il +2,3% del 2017.
Nell’Eurozona si registra una ripresa che si è consolidata anche grazie alle politiche della Bce, che dal 2015 ha avviato un programma di acquisto di titoli nazionali oltre che il Quantitative Easing. La previsione, del Fmi e della Commissione europea, è che per il 2018 si registrerà una crescita del +2,2%.
Buone notizie per le stime sulla crescita dell’Italia che, secondo il Fmi, sarà del +1,4% per il 2018. Rispetto al World Economic Outlook di ottobre, l’Italia guadagna 0,3 punti di crescita.
La crescita economica ha un impatto positivo su mercati azionari e obbligazionari, che possono trovare buone opportunità in Europa, negli Stati Uniti, nei Paesi emergenti. La crescita degli utili aziendali dovrebbe premiare soprattutto chi sceglie le azioni, puntando su settori con maggiori prospettive di crescita come quello tecnologico.
Politiche monetarie
Un altro aspetto da considerare, congiuntamente alla crescita economica, riguarda le decisioni delle principali banche mondiali. Le politiche monetarie influiscono sulle scelte degli operatori economici. Attraverso un aumento o una diminuzione dell’offerta di moneta, le banche centrali possono infatti influenzare la domanda aggregata sul mercato dei beni e dei servizi.
Negli anni della crisi, per dare una spinta all’economia reale, la Banca centrale europea e la Federal Reserve hanno adottato politiche espansive, tenendo molto bassi i tassi di interesse. Il 2018 potrebbe segnare la fine delle politiche monetarie ultra-accomodanti. La Fed, in particolare, ha annunciato che aumenterà i tassi di interesse, con tre possibili incrementi. Per quanto riguarda la Bce, ci si aspettano poche novità, in attesa del rinnovo dei vertici che ci sarà nel 2019. Probabilmente l’istituto di Francoforte lascerà i tassi invariati, ma si focalizzerà sulla riduzione del piano di acquisto dei titoli di Stato avviato nel 2015.
Quali effetti avrà l’abbandono di politiche monetarie espansive? Nel suo Outlook, il Fondo monetario internazionale dice che il rafforzamento dell’economia globale viene prevalentemente attribuito al persistere di politiche monetarie molto accomodanti, che sostengono la fiducia dei mercati e i processi di risanamento delle economie.
Le economie saranno abbastanza forti da camminare sulle proprie gambe? Se sì, la crescita economica accompagnata da un aumento dei tassi di interesse potrebbe aprire nuove opportunità per i mercati azionari e obbligazionari. In caso contrario, si avvierebbe una nuova fase critica.
Poiché gli effetti maggiori del cambio di rotta delle banche centrali si registreranno nei prossimi anni, per il 2018 ci si può aspettare sui mercati una fase di relativa stabilità, al netto della variabile geopolitica.
Geopolitica
Il termine geopolitica è stato coniato all’inizio del 1900 dallo svedese Rudolf Kjellén per indicare quel “complesso di problemi politici che traggono origine da fatti d’ordine territoriale, specie quando si consideri lo Stato come un organismo che nasce, si sviluppa e decade, e che, al pari degli esseri viventi, ha bisogno di uno spazio vitale”.
Ad influenzare maggiormente i mercati sono le situazioni potenzialmente conflittuali o di instabilità, che possono far precipitare un Paese nel caos, con impatto anche sugli aspetti produttivi: difficoltà di importare o esportare materie prime con annesso aumento dei prezzi, impossibilità di onorare i debiti anche da parte degli enti pubblici, perdita di potere d’acquisto.
Per quanto riguarda l’Europa, la crisi catalana e l’emergere di forze ultranazionaliste potrebbero minare la coesione europea, a fronte di una Germania dove non è ancora emerso un governo stabile. Anche le elezioni italiane del 4 marzo hanno un loro peso: se dalle urne non uscirà una maggioranza in grado di governare o se gli anti-europeisti avranno la meglio, i mercati potrebbero reagire in modo negativo.
Altro fronte caldo sono i rapporti tra Stati Uniti e Corea del Nord. Fino ad ora i rapporti tra i due Paesi non sono andati oltre l’escalation verbale. Se si dovesse verificare qualche nuovo incidente, i mercati potrebbero temere lo scoppio di un conflitto, spostando i loro investimenti dai Paesi coinvolti e determinando una grave crisi che, dagli Stati Uniti, si estenderebbe all’Europa, visti i legami commerciali.
Non da ultimo, resta sempre aperto il fronte del Medio Oriente. La guerra civile in Siria, la minaccia dell’Isis, l’instabilità in Israele sono incognite pronte ad esplodere da un momento all’altro.
Più stabile la situazione in Cina e Giappone. La prima ha rafforzato i suoi rapporti con gli Stati Uniti, il secondo ha ridotto in modo sostanziale l’incertezza politica dopo la vittoria elettorale del primo ministro Abe.
Quali prospettive per gli investitori?
Il quadro per il 2018 appare, complessivamente, di continuità rispetto al 2017.
La crescita economica dovrebbe stabilizzarsi, non si attendono sorprese sul fronte delle banche centrali, e sul fronte della geopolitica i rischi sono analoghi a quelli dell’anno trascorso. In questo contesto, i mercati dovrebbero essere sostanzialmente stabili e non dovrebbero registrarsi eccessive fibrillazioni.
Sul fronte dei rendimenti, il mercato azionario dovrebbe essere più premiante di quello obbligazionario.
La buona performance dell’economia dovrebbe riflettersi nell’andamento dei mercati azionari, anche se i prezzi saranno in rialzo, spinti dalla crescita degli utili aziendali. Il mercato azionario dovrebbe, quindi, confermare il trend al rialzo che sta riportando dal 2016; l’Europa appare una buona zona, perché le società che vi operano sono esposte a un miglioramento del ciclo economico globale. Da attenzionare anche il Giappone, che sta vivendo una fase di crescita e stabilità.
Sul fronte obbligazionario, la normalizzazione della politica monetaria non favorirà le obbligazioni tradizionali. Le maggiori opportunità riguardano quelle societarie, in particolare i titoli in dollari USA che offrono migliori rendimenti di quelli in euro, anche al netto dei costi.
Secondo Allianz Global Investor1, alla luce delle politiche monetarie delle banche centrali, il rischio reale per gli investitori sarà l’inflazione, che va ad erodere il potere d’acquisto.
Secondo gli analisti, buone opportunità possono arrivare da petrolio, azioni delle aziende europee, settore bancario negli Stati Uniti, tecnologia e infrastrutture in Asia, debiti dei Paesi emergenti. In generale, per ottenere rendimento bisognerà assumere dei rischi, selezionando attentamente le asset class.
1. https://www.allianzgi.com/en/insights/outlook-and-commentary/2018-outlook-guard-against-real-world-inflation