Educazione all’ambiente, alla salute, alla legalità, allo sport. I curricula scolastici in questi anni si sono arricchiti di corsi e progetti che vanno oltre le materie tradizionali. Presto sui banchi di scuola potrebbe sbarcare anche l’educazione finanziaria.
La cultura sui temi economici, in generale, è piuttosto scarsa tra i giovani, ma anche tra gli adulti italiani.
Eppure sapere cos’è l’inflazione è fondamentale; non per fare operazioni di mercato complesse, bensì per operazioni basilari con ripercussioni sulla quotidianità, come, ad esempio, scegliere un mutuo.
Ora una legge dovrebbe colmare questa lacuna e portare l’educazione finanziaria a scuola e tra gli adulti. Il condizionale è d’obbligo: i tempi sembrerebbero essere ancora lunghi.
Educazione finanziaria: a che punto è l’iter legislativo?
Il primo passo è stato compiuto a febbraio di quest’anno, quando, insieme al decreto legge cosiddetto Salva-Risparmio, è stato approvato l’emendamento sull’educazione finanziaria, che dovrà portare una maggiore conoscenza su finanza, assicurazioni, previdenza attraverso due canali:
- La formazione a scuola dei più giovani;
- L’educazione della collettività in età adulta.
Per educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale si intende il processo con cui le persone:
- migliorano la loro comprensione degli strumenti e dei prodotti finanziari, compresi quelli di natura assicurativa e previdenziale;
- sviluppano le competenze necessarie ad acquisire una maggiore consapevolezza dei rischi e delle opportunità finanziarie.
Come si realizza tutto ciò? Ministero dell’economia e delle finanze e Ministero dell’università e della ricerca devono adottare un programma per una Strategia nazionale per l’educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale entro settembre.
Per attuare questa strategia sarà istituito un Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, col compito di promuovere e programmare iniziative di sensibilizzazione in tema di educazione finanziaria, assicurativa e previdenziale.
Per il 2017, a copertura degli oneri dell’attività del Comitato, è previsto 1 milione di euro.
Ma perché è tanto importante l’alfabetizzazione finanziaria?
“Più un singolo individuo è capace di comprendere i concetti e i prodotti finanziari, più sarà capace di prendere decisioni finanziarie consapevoli. Tali decisioni non incidono solo sulle singole famiglie ma anche sulla salute economica della società in senso lato”.
A dirlo è l’Ocse, che monitora l’alfabetizzazione finanziaria degli Stati Membri.
Ci sono diverse statistiche che certificano l’analfabetismo finanziario ed economico in Italia. Citiamo quella della Banca Mondiale, secondo cui nel nostro Paese solo il 37% degli adulti dimostra di aver dimestichezza con concetti come inflazione, diversificazione, rendimenti semplici e composti. Il confronto diventa impietoso con i primi in classifica, che sono i Paesi del Nord Europa, dove si va oltre il 67%. Nella classifica, l’Italia viene superata da quasi tutti i vicini europei, ma anche da Paesi come Senegal e Turkmenistan.
Con un’adeguata conoscenza si possono ridurre i costi del credito, ottimizzare i rendimenti degli investimenti azionari, gestire meglio i risparmi anche su un semplice conto corrente.
Secondo alcuni osservatori, “promuovere l’educazione finanziaria significa fare prevenzione invece di interventi drastici quando i problemi si sono protratti così a lungo che non sono nemmeno più curabili con semplici medicine. I costi allora sì che esplodono”.
Conoscere i concetti base di economia e finanza non è pura questione nozionistica. Le ripercussioni si registrano sia nella vita del singolo, che affronta costi inutili, che a livello sociale, quando si verificano delle crisi che poi hanno ricadute sulla spesa pubblica.
L’educazione finanziaria: un’opportunità per gli intermediari?
Avere a che fare con interlocutori più preparati è un’opportunità o una minaccia per chi si occupa di intermediazione finanziaria e assicurativa? Con un’analisi superficiale, si potrebbe pensare che chi ha una conoscenza più approfondita della materia si può arrangiare da solo.
In realtà, la consulenza finanziaria è richiesta da chi è più informato. A dirlo è una fonte autorevole come Consob, che ha indagato proprio il comportamento dei risparmiatori italiani. Chi è troppo sicuro delle proprie conoscenze, pensa di poter far da solo, ma l’overconfidence si riduce con l’alfabetizzazione finanziaria. La conclusione è che la propensione ad affidarsi a un consulente cresce al crescere delle conoscenze, mentre chi non mastica la materia preferisce il fai da te o si affida a consigli di amici e conoscenti.
Una maggiore consapevolezza ha un duplice effetto. Innanzitutto elimina dubbi e paure dettate spesso dall’ignoranza: istintivamente, si evita ciò che non si conosce. Dall’altro lato, chi ha dimestichezza con la materia sa riconoscere la qualità e va alla ricerca di risposte all’altezza.
La crescita dell’alfabetizzazione di risparmiatori e investitori, dunque, non può che essere letta come opportunità per i professionisti: più crescerà l’alfabetizzazione, più la domanda di consulenza dovrebbe aumentare.
Ciò apre ulteriori sfide. Si presuppone, infatti, che un interlocutore formato ed informato cerchi qualità, professionalità, concretezza dalle soluzioni che gli vengono offerte. Più crescerà l’alfabetizzazione, più saranno, dunque, premiati gli operatori che sapranno essere all’altezza delle aspettative.