Oltre alla catastrofe umanitaria che sta portando tutto il mondo a chiedere la fine della guerra, il conflitto in Ucraina scatenato dall’aggressione russa del 24 febbraio ha rimesso al centro del dibattito europeo la necessità di accelerare la transizione energetica.
L’obiettivo è quello di affrancarsi dalla dipendenza da un unico Paese, in questo caso la Federazione Russa, da cui, secondo i dati ISPI1, l’Europa importa circa il 40% del suo fabbisogno di gas, il 26% del quale passa tramite l’Ucraina. Tra i Paesi europei, l’Italia è quello che fa più ricorso al gas naturale come fonte energetica: questo combustibile rappresenta infatti il 42,5% del mix energetico nazionale, rispetto al 17% della Francia o al 26% della Germania.
Da una parte, questa situazione di dipendenza ha portato all’incremento dei costi dell’energia sensibili alle tensioni internazionali, con un forte impatto sulla ripresa economica. Emblematico il caso delle aziende energivore2, come le acciaierie, che hanno dovuto adottare un calendario flessibile delle aperture, interrompendo la produzione nei giorni di picco dei prezzi.
Dall’altro lato, gli Stati europei hanno visto indebolirsi fortemente l’arma più importante a loro disposizione, ovvero quella delle sanzioni: non è possibile applicare restrizioni sull’import di gas e petrolio russo senza gravi ripercussioni sulle economie nazionali. Non da ultimo, proprio la situazione di dipendenza ha creato uno scenario di grande incertezza, perché la Russia stessa potrebbe sospendere l’erogazione di gas e petrolio come ritorsione rispetto alle sanzioni.
È ormai chiaro a tutti, quindi, che è necessario trovare alternative all’importazione di gas da un solo Paese, soprattutto se caratterizzato da regimi autoritari e dittatoriali.
Politica energetica ad un bivio: ritorno al carbone o fonti rinnovabili?
Per quanto la diversificazione delle fonti energetiche sia un’esigenza evidente e condivisa, non si sa ancora come ciò si possa realizzare in tempi rapidi.
Secondo il ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, all’Italia servono 24-36 mesi per rendersi indipendente dal gas russo3, attraverso un mix energetico che prevede diversificazione dei fornitori, impianti di rigassificazione, fonti rinnovabili. Tempi tutto sommato brevi in uno scenario di ampio respiro, ma lunghi rispetto alle esigenze della guerra ed al rischio che la Federazione Russa “chiuda i rubinetti”.
Non a caso, a pochi giorni dall’inizio della guerra, una delle prime soluzioni attivate in Italia per rispondere rapidamente alla richiesta di energia è stata far lavorare a pieno regime le centrali a carbone già attive. Anche Paesi come la Germania ed il Belgio, che avevano intrapreso una politica di abbandono del nucleare, hanno annunciato un dietrofront4 su questo punto.
Allo stato attuale, ad oltre due mesi dall’inizio della guerra, si può tuttavia affermare che il rischio di fare un salto all’indietro di decenni sul fronte energetico è stato scongiurato: quello a cui si sta assistendo è infatti una incentivazione agli impianti rinnovabili, unita a una velocizzazione degli iter autorizzativi.
Il combinato disposto degli incentivi alla transizione energetica dati dal PNRR e l’esigenza di ridurre la dipendenza da fonti fossili russe e abbattere i costi in bolletta ha già portato ad una corsa alle rinnovabili ad ogni livello, dai privati alle utility5 ai grandi progetti. Il Governo Italiano, ad esempio, ha sbloccato i lavori per 6 parchi eolici6 che assicureranno una potenza pari a 418 megawatt.
Va detto che non si tratta di un processo nuovo, ma dell’accelerazione di un cambiamento che era già in atto. L’Europa ha da tempo tracciato una strada ben definita per il passaggio dall’utilizzo di fonti di produzione non rinnovabili a energie rinnovabili, con l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, per contenere il riscaldamento climatico in corso. Con l’European Green Deal ha inoltre posto l’obiettivo ambizioso di essere il primo continente decarbonizzato7. Per quanto riguarda l’Italia, il PNRR fa della transizione ecologica uno dei pilastri a cui sono destinati 70 miliardi di euro.
Advocacy e non solo: il ruolo del mondo finanziario nella transizione energetica
I costi della transizione e la necessità di accelerarne i tempi fanno del mondo finanziario un attore determinante per il successo della transizione ecologica.
Lo aveva detto già ad ottobre 2021 la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen che, introducendo il summit sugli investimenti sostenibili europei, aveva spiegato che per raggiungere gli obiettivi climatici, l’Europa avrebbe dovuto investire l’equivalente del 2,5% del Pil globale ogni anno solo nel sistema energetico. Si tratta di risorse che gli Stati non possono affrontare da soli, ma che necessitano dell’apporto degli investitori, in una cornice di fiducia e trasparenza come quella che si vuole costruire con la tassonomia europea.
In questo quadro, assume un ruolo particolarmente rilevante l’iniziativa lungimirante di operatori che, già da tempo, si sono impegnati a sostenere investimenti destinati a ridurre le emissioni.
Un esempio è la UN-convened Net-Zero Asset Owner Alliance, organizzazione di cui fa parte anche il Gruppo Allianz insieme ad altri 70 gestori, con più di 10 trilioni di dollari in asset gestiti, impegnati a trasferire i loro portafogli verso emissioni zero di gas serra entro il 20508. L’associazione non solo sta operando direttamente per investire su asset sostenibili, in cui il ruolo dell’energia è un pilastro, ma sta anche facendo advocacy, richiamando i Governi a porre fine ai sussidi per supportare le fonti fossili che distorcono il mercato dell’energia e alimentano la crisi climatica.
Non è solo una questione etica e ambientale: secondo l’associazione, la transizione energetica conviene a tutti. Se in una fase iniziale il passaggio da fonti fossili a quelle rinnovabili creerà dei problemi di assestamento, per le forze lavoro e per le nuove direzioni che la società dovrà prendere, nel lungo periodo l’economia basata su energia rinnovabile sarà più efficiente in termini di costi e quindi più competitiva. Uno studio dell’Università di Oxford9, infatti, ha evidenziato che l’adozione di fonti pulite farebbe risparmiare circa 26 trilioni di dollari a livello globale nei prossimi decenni.
Sostenibilità: investitori sempre più sensibili
In questo contesto, si prevede che le scelte degli investitori saranno sempre più orientate alla sostenibilità energetica.
Già negli ultimi anni c’è stata una forte propensione verso questo aspetto. Secondo i dati Morningstar, il patrimonio globale dei fondi climatici è raddoppiato nell’ultimo anno, toccando i 408 miliardi di dollari10. Grazie al maggiore interesse degli investitori per le questioni climatiche e alle novità normative come la regolamentazione sostenibile e la tassonomia europea, gli asset nei fondi europei per il clima sono raddoppiati lo scorso anno, arrivando a 325 miliardi di dollari11.
Anche in questo caso, non c’è solo una ragione “etica”, ma anche di opportunità per gli investitori. Come già accaduto nella fase più acuta dell’emergenza Covid, anche durante la guerra i fondi ESG hanno dimostrato una certa resilienza rispetto alla volatilità dei mercati finanziari.
Sempre Morningstar12 evidenzia come i fondi sostenibili siano stati molto meno esposti alla Russia rispetto a quelli che non applicano filtri ESG. La ragione è semplice: poiché le aziende russe mostrano un livello di rischio ESG e un’esposizione alle fonti di energia fossile decisamente alto, la maggior parte di esse è stata automaticamente esclusa dai portafogli dei fondi sostenibili, che sono risultati meno esposti al rischio geopolitico.
Cosa chiederanno gli investitori ora? Dopo la guerra in Ucraina, ci si aspetta un’ulteriore crescita di interesse degli investitori verso asset che privilegiano fonti energetiche sostenibili. Questo premierà gli operatori finanziari che, come il Gruppo Allianz, hanno scelto già da tempo di disinvestire dalle fonti fossili, in particolare dal carbone13.
Anche Allianz Darta Saving, grazie alla ricerca costante e alla consolidata esperienza in questo ambito, propone investimenti sostenibili attraverso Easy Selection. La soluzione assicurativa e di investimento ha recentemente visto un ampliamento dell’offerta di fondi specializzati nella sostenibilità, a partire da quella ambientale, ma passando anche per aspetti sociali come la parità di genere. Oggi, dei 209 fondi di Easy Selection (di cui il 50% valutati da Morningstar con 4 o 5 stelle) oltre il 25% ha un approccio ESG: un’opportunità per gli investitori che, attraverso la gestione del capitale, vogliono dare un contributo concreto alla transizione energetica.
1. “Energia: 5 mappe per capire la crisi del gas”, 22 febbraio 2022, www.ispionline.it
2. “Caro energia, si fermano le prime imprese”, 8 marzo 2022, www.rainews.it
3. Fausta Chiesa, “Gas, Cingolani: «L’Italia sarà indipendente dalla Russia in 24-30 mesi»”, 8 marzo 2022, www.corriere.it
4. Claudio Del Frate, “Gas Russia e energia nucleare, Belgio e Germania dietrofront: non spegneranno le centrali”, 8 marzo 2022, www.corriere.it
5. Anche le utility verso la corsa alle rinnovabili, ma serve il supporto degli enti locali”, 11 marzo 2022, greenreport.it
6. Maurizio Bongioanni, “6 nuovi parchi eolici verranno realizzati in Italia”, 11 marzo 2022, www.lifegate.it
7. Comunicazione su https://ec.europa.eu/
8. Comunicato stampa su www.allianz.com
9. Rupert Way, Matthew Ives, Penny Mealy and J. Doyne Farmer, “Empirically grounded technology forecasts and the energy transition”, 14 settembre 2021, https://www.inet.ox.ac.uk/
10. Sara Silano, “2 mesi di guerra in Ucraina: cosa sta cambiando sui mercati”, 21 aprile 2022, www.morningstar.it
11. Hortense Bioy, “Investire in tempi di cambiamento climatico”, 20 aprile 2022, <www.morningstar.it
12. Jon Hale, “Sustainable Funds Have Lower Russia Exposure”, 22 marzo 2022, www.morningstar.co.uk
13. “Allianz via dal carbone”, 24 novemrbe 2015, www.ansa.it