Sarebbero dovuti diventare operativi dall’1 gennaio 2022 i primi criteri individuati dall’Europa per indicare gli investimenti sostenibili in relazione ai cambiamenti climatici, nell’ambito della nuova cornice della tassonomia europea. I tempi, invece, si sono allungati, perché gli Stati si sono divisi sulla possibilità di considerare sostenibili l’energia nucleare e il gas naturale.
Il dibattito su queste due fonti di energia ha riempito le pagine dei giornali di fine 2021 ed è destinato a tener banco ancora a lungo. Ciò ritarderà l’operatività della tassonomia europea, ovvero il sistema di classificazione – primo al mondo – pensato per creare un linguaggio comune che gli investitori e le imprese possano utilizzare quando valutano l’impatto di progetti e attività economiche sul clima e sull’ambiente.
Tassonomia europea, perché la spaccatura su nucleare e gas
Col Green Deal Europeo1, l’Europa ha sancito che per arrivare all’impatto climatico zero entro il 2050 sono necessari investimenti pubblici (come quelli del Next Generation EU) e privati. In questo contesto nasce la tassonomia europea degli investimenti, un “vocabolario comune” che definisce cosa è green, per guidare le scelte di investitori e imprese in vista della transizione verso una crescita economica priva di impatti negativi sull’ambiente e, in particolare, sul clima.
A luglio 2020 è già entrato in vigore il regolamento2 sulla tassonomia, in cui la Commissione Europea ha identificato sei obiettivi ambientali:
- mitigazione del cambiamento climatico;
- adattamento al cambiamento climatico;
- uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine;
- transizione verso l’economia circolare, con riferimento anche a riduzione e riciclo dei rifiuti;
- prevenzione e controllo dell’inquinamento;
- protezione della biodiversità e della salute degli eco-sistemi.
Secondo il regolamento, per essere eco-compatibile un’attività deve soddisfare quattro criteri:
- contribuire positivamente ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali;
- non produrre impatti negativi su nessun altro obiettivo;
- svolgersi nel rispetto di garanzie sociali minime;
- rispettare i criteri tecnici identificati da atti delegati adottati dalla stessa Commissione Europea.
Proprio sulla redazione degli atti delegati, a cura della Commissione europea, si è incagliato, però, il percorso della tassonomia: nei mesi scorsi, la proposta di annoverare anche l’energia nucleare e il gas naturale tra le fonti green ha acceso lo scontro tra i Paesi dell’Europa.
Secondo la bozza inviata dalla Commissione agli Stati Membri poco prima della mezzanotte del 31 dicembre 2021, nucleare e gas sono investimenti sostenibili alla luce della loro scarsa produzione di CO2. Per questo andrebbero considerati come fonti energetiche in grado di facilitare la transizione verso la neutralità climatica, seppur con delle limitazioni.
Per il nucleare, ad esempio, potrebbero essere finanziati progetti con permesso di costruzione rilasciato entro il 2045, purché in grado di prevedere piani per la gestione delle scorie radioattive e per lo smantellamento delle centrali. Il gas naturale potrebbe diventare destinatario di investimenti a condizione che le emissioni siano inferiori ai 100 grammi di CO2 equivalente per ogni kWh prodotto. Inoltre l’impianto dovrà sostituirne uno pre-esistente ad alte emissioni, e bisognerà dimostrare che il nuovo non può essere rimpiazzato da uno a energia rinnovabile.
Contro la proposta si è sollevato il fronte ambientalista europeo, e si è acceso lo scontro tra gli Stati Membri, che hanno visioni e interessi opposti su queste fonti di energia. La Spagna lo ha definito un passo indietro, mentre la Germania, impegnata ad abbandonare il nucleare (alla fine del 2021 ha scollegato dalla rete elettrica tre delle sei centrali del Paese), ha contestato l’inserimento di quest’ultimo tra le energie verdi. Sul fronte opposto c’è un folto schieramento di Paesi favorevoli (Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Finlandia, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Romania), guidati dalla Francia, Paese che copre già gran parte del proprio fabbisogno energetico con l’energia nucleare.
Tassonomia, nei prossimi mesi i primi criteri
Per capire come si evolverà il confronto tra il fronte del “sì” e quello del “no” a nucleare e gas bisognerà attendere ancora qualche mese.
Dopo l’invio della bozza da parte della Commissione Europea, gli Stati sono stati chiamati a proporre eventuali obiezioni entro gennaio. Una volta conclusa la consultazione, la Commissione europea adotterà formalmente l’atto ma anche in questo caso la partita non potrà considerarsi chiusa. Il testo, infatti, sarà sottoposto all’esame del Parlamento e del Consiglio dell’UE che, a loro volta, avranno quattro mesi di tempo per valutarlo, prorogabili di ulteriori due mesi.
Sarà quello il contesto in cui i due fronti dovranno arrivare ad una mediazione. Se l’atto delegato riceverà l’appoggio della maggioranza degli Stati membri entrerà in vigore dal 2023. Sembra, però, molto più probabile che non si arrivi subito al via libera.
Sia Parlamento che Consiglio potranno opporsi. Non è escluso che possa arrivare addirittura una bocciatura, non tanto nel Consiglio dell’UE, quanto nel Parlamento europeo. Per fermare l’atto, infatti, in Consiglio si dovrebbe raggiungere la maggioranza qualificata, ovvero il 72% degli Stati Membri che rappresentino almeno il 65% della popolazione UE. Al Parlamento basta, invece, la maggioranza semplice, vale a dire il voto di almeno 353 deputati.
Cosa fanno gli investitori nel frattempo: l’importanza del gestore
Nella migliore delle ipotesi, bisognerà aspettare almeno la metà del 2022 per avere un’indicazione chiara sui criteri green degli investimenti secondo la tassonomia europea. Nella peggiore, si parla di molti più mesi, soprattutto se dovesse esserci una bocciatura dell’atto proposto dalla Commissione europea.
Non solo. I criteri attesi riguarderanno solo due degli obiettivi individuati dal Regolamento sulla tassonomia, mentre restano da definire quelli per gli altri quattro obiettivi. Inoltre, per ora l’Europa si è concentrata esclusivamente sulla sostenibilità ambientale, tralasciando momentaneamente la parte relativa alla sostenibilità sociale, non meno importante, anche alla luce delle conseguenze di COVID-19.
Nel frattempo, però, le scelte degli investitori sono sempre più indirizzate verso la sostenibilità: solo per citare un dato, nel 2020 gli investimenti in fondi “climate aware”3, dedicati cioè al cambiamento climatico, sono triplicati.
In attesa che il quadro della tassonomia europea sia completato, come ci si deve orientare nel complesso mondo degli investimenti sostenibili? Per ora, ogni singolo gestore adotta una propria strategia che permette di selezionare a monte le attività sostenibili.
L’approccio ESG nel Gruppo Allianz
Il Gruppo Allianz è stato tra i pionieri della finanza sostenibile, di cui ha iniziato ad occuparsi vent’anni fa4. Nel 2007, ad esempio, Allianz è stato tra i primi firmatari dei Principi di Investimento Responsabile delle Nazioni Unite (UN PRI): oggi gestisce 206 miliardi in strategie incentrate sulla sostenibilità. Non a caso, nel 2018 Allianz Global Investors – partner strategico di Allianz Darta Saving – è stato membro fondatore del Technical Expert Group (TEG) on Sustainable Finance della Commissione Europea.
Nei mesi scorsi, Allianz Global Investors ha aggiunto un altro tassello nella propria storia di sostenibilità aderendo all’iniziativa One Planet Asset Managers5, rete lanciata nel 2019 che comprende 43 dei maggiori investitori istituzionali al mondo con un patrimonio gestito e detenuto complessivo di oltre 36.000 miliardi di dollari. Tra gli obiettivi della rete figura l’inclusione delle considerazioni sul cambiamento climatico nel processo decisionale di investimento.
Forte di una consolidata e riconosciuta esperienza pluriennale, il Gruppo si avvale di criteri guida e di analisti ESG dedicati per allineare le strategie di investimento ai 17 obiettivi ONU dell’Agenda 2030 (Sustainable Development Goals – SDG)6, guidando gli investitori verso società che offrono soluzioni alle sfide globali e contribuiscono al raggiungimento degli obiettivi sociali e ambientali stabiliti nel quadro degli SDG dell’ONU.
Questo approccio è alla base degli investimenti sostenibili del Gruppo ed ha guidato, ad esempio, l’ampliamento dei fondi ESG all’interno di Easy Selection di Allianz Darta Saving. Lo stesso avverrà in occasione dell’inserimento di nuovi fondi tematici a carattere sociale, previsto nei prossimi mesi.
1. Documenti su https://ec.europa.eu
2. Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, giugno 2020
3. Mariano Mangia, “Fondi Esg: sono i prodotti “climatici” a far registrare i tassi di crescita più alti”, 6 dicembre 2021, Repubblica.it
4. Comunicazione su https://it.allianzgi.com
5. Comunicato stampa su https://www.allianzgi.com
6. Comunicazione su https://it.allianzgi.com