Pronti per il nuovo anno, non possiamo lasciar andare quello vecchio senza prendere spunto dai tanti insegnamenti che ci ha lasciato. Per farlo proviamo ad utilizzare alcune parole chiave che hanno segnato il 2020.
Partiamo dalla più “vecchia”, perché il suo utilizzo ha anche segnato il 2019: Cina.
La Cina è stata decisamente protagonista. Dapprima con le varie fasi della guerra commerciale contro gli Stati Uniti di Donald Trump e l’apparente conclusione del conflitto con la firma, a metà gennaio 2020, dell’accordo tra i due grandi Paesi. Col senno di poi, tale accordo ha probabilmente rappresentato per i mercati finanziari l’ultimo momento sereno dell’anno. Ma non poteva finire così.
Con lo scoppio della pandemia è stato inevitabile identificare nella Cina l’untore, ovvero il principale responsabile, anche se di fatto ancora adesso non abbiamo certezze in proposito. Di conseguenza, è stato quasi automatico profetizzare che il mercato azionario cinese potesse diventare pericoloso e dannoso per l’investitore mondiale, in quanto portatore “certo” di un crollo delle quotazioni. Con grande sorpresa, invece, il listino cinese – rappresentato nel grafico di esempio1 dallo Shanghai Composite Index – è quello che ha conseguito le minori perdite rispetto agli altri indici mondiali.
Anche in termini di performance2, solo il NASDAQ 100, l’indice tecnologico americano, è riuscito a fare meglio nel 2020, smentendo tutte le ipotesi più gettonate.
Parlando di Cina abbiamo già introdotto la seconda tematica dominante, ovvero il Covid-19 e le conseguenze nefaste che tale virus ha purtroppo apportato alla vita di così tante persone. Una vera catastrofe, sia per il numero di vittime sia in termini di patrimonio. Ancora adesso siamo in procinto di sperimentare una probabile terza ondata, pur disponendo dei vaccini che ci daranno la speranza di debellare questo virus.
Per quanto riguarda il patrimonio e i ribassi dei mercati finanziari non possiamo dimenticare quanto già scritto in merito al comportamento più corretto da seguire. Sono stati profetizzati crolli ulteriori anche maggiori rispetto a quelli che si sono effettivamente realizzati e l’anno è trascorso nell’attesa di momenti catartici che ad oggi non si sono concretizzati e vengono proiettati nel 2021. Effettivamente la crescita economica è molto contenuta e la possibilità di assorbire nel breve tempo i disastri del lockdown appare al momento una lontana chimera.
Già il lockdown avrebbe dovuto certamente certificare la fine del mondo economico e finanziario – affermazione che, pur nella grande difficoltà del quotidiano, potrebbe strapparci un sorriso, pensando ad interi settori quali l’Information Technology o l’Health Care, ad aziende quali le solite FAAMG o Zoom e Tesla, per le quali si può sostenere che questa situazione abbia rappresentato una straordinaria opportunità.
Con grande sorpresa dei più, inoltre, quasi tutti i listini hanno recuperato le perdite accusate durante questo anno difficilissimo e addirittura, come abbiamo visto poc’anzi, molti indici chiudono con una performance positiva, e in diversi casi – come ad esempio i listini cinesi e i comparti tecnologici – le performance sono decisamente interessanti.
Il tutto mentre fino a poche settimane fa imperversava la grande protagonista del 2020, la volatilità. Certamente il risparmiatore mondiale ha sperimentato in passato che quando la volatilità sale, la percezione del rischio è massima e di conseguenza i prezzi delle azioni scendono. Ma sarà effettivamente così? Di certo l’indice VIX – che esprime la volatilità dell’indice SP500 – ha raggiunto, seppur per brevi momenti, livelli vicini ai massimi storici del 20083, quando si verificarono il crack di Lehman Brothers e il crollo dei mercati finanziari. Solo in quell’anno e, prima, nel 1929 questo indice riuscì a toccare valori intorno a 80.
La storia ha già smentito la catastrofe annunciata ed anzi ha complicato le riflessioni di chi ritiene sia semplice occuparsi di mercati finanziari. Non solo, infatti, i mercati si sono ripresi, ma hanno compiuto questo percorso nonostante la volatilità sia rimasta relativamente alta per tutto l’anno ed anche in questi giorni finali. Probabilmente un monito per l’anno a venire di cui bisognerà tenere conto. Nei numeri dunque il peggio è passato, nelle aspettative dei professionisti dei mercati finanziari ancora no.
E cosa dire poi di Brexit? Si è temuto fino all’ultimo che i governi non trovassero un accordo e che, anche se lo avessero raggiunto, sarebbe stato comunque un grande guazzabuglio. I mercati finanziari avrebbero risentito di tutto questo e ne avrebbero pagato caramente le conseguenze. L’intesa di pochi giorni fa, pur perfettibile, ha sgombrato il campo da tutte le ipotesi più nefaste, con conseguenze positive di breve sia per il listino azionario inglese sia per la sterlina, nonché per le piazze europee, con in testa il Dax, che ha raggiunto nuovi massimi assoluti.
Che dire poi della finanza comportamentale e dei webinar per cercare di frenare l’emotività degli investitori? I dati ci confermano ancora una volta che milioni e milioni di euro sono fuoriusciti dai mercati azionari e obbligazionari proprio sui minimi dei mercati stessi. Molti di questi non sono ancora rientrati, nonostante i dati record di raccolta del mese di novembre, e probabilmente sono destinati a tornare sul mercato solo quando i listini saranno saliti poderosamente. I danni per chi ha scelto una lettura tattica di breve periodo, ovvero per chi si è fatto travolgere dai timori e gli orizzonti di breve, sono stati ingenti.
Abbiamo già avuto modo in passato di illustrare i molteplici vantaggi di Darta Periodical Solution, che somma alle tradizionali caratteristiche tipiche di una polizza assicurativa, l’assenza di tassazione sulle prestazioni periodiche fino al raggiungimento del valore corrispondente al versamento iniziale effettuato dal contraente. I lettori affezionati sanno già che Darta Periodical Solution rappresenta lo strumento ideale per gestire il passaggio generazionale, con il distinguo rispetto ad altri di avere un sottostante alla polizza che presenta un indice di rischio più basso rispetto alla gran parte dei fondi.
Pochi però potrebbero aver riflettuto su due aspetti che sono stati premianti nel 2020.
Da un lato, la gestione finanziaria innovativa e di qualità del comparto Allianz Strategy 50, con il suo target volatilità 8%, ha consentito al sottoscrittore di vivere con serenità e distacco questo anno così denso di sorprese e colpi di scena. Affidarsi infatti ad una gestione professionale performante e organizzata nel tempo garantisce la possibilità di rimanere legati all’albero maestro, senza lasciarsi andare all’emotività del breve termine.
Anche il decumulo prestabilito, già apprezzato solitamente per le conseguenze fiscali, nelle fasi di incertezza esalta il proprio contributo, limitando all’1% del patrimonio le conseguenze negative del timing di ogni disinvestimento. Un flusso preordinato, quello della distribuzione statistica nel tempo dell’uscita dall’investimento per somme precise e modeste, che consente di condividere i momenti negativi con le fasi favorevoli o molto favorevoli e di gestire al meglio l’erogazione della prestazione periodica.
Dopo quanto accaduto nel 2020, e se non altro in chiave di alternanza, verrebbe da pensare (o forse da sperare) che il nuovo anno possa rivelarsi meno ostico di quello appena trascorso. Ma come spesso ci siamo trovati a ribadire, provare a fare previsioni è un compito ingrato e tendenzialmente nocivo alla pianificazione dei propri investimenti, che deve invece poggiare su pilastri quali il proprio profilo di rischio, le esigenze attuali e future della propria famiglia e la delega a professionisti terzi per navigare al meglio i mercati, sempre all’interno dei paletti e del sentiero definiti insieme al nostro esperto di fiducia.
1. Fonte: FIDA Workstation
2. Fonte: FIDA Workstation, dati dal 1° gennaio al 29 dicembre 2020
3. Fonte: www.investing.com