L’analisi dei risultati conseguiti da un prodotto gestito rimane il primo fattore con cui spesso viene scelto il proprio investimento, nonostante le tradizionali avvertenze che invitano il risparmiatore a non tenere conto delle performance del passato quando deve scegliere uno strumento in cui allocare il proprio denaro.
I risultati positivi del passato non sono una variabile decisionale da demonizzare, quanto piuttosto un dato da integrare con altri che consentano di migliorare la gamma delle informazioni necessarie per arrivare alla scelta finale.
Le recenti variazioni normative intervenute sia sul fronte degli strumenti finanziari sia su quello dei contenitori assicurativi stanno facilitando l’implementazione di questo percorso; esse infatti mettono in luce tutti i rischi connessi a ogni singolo investimento e la loro quantificazione, sia in contesti in cui questi rischi portano ad un incremento del patrimonio, sia quando agiscono nella direzione opposta. La normativa ha infatti acceso un faro sulla effettiva capacità del risparmiatore di sostenere le possibili perdite, sondando la sua tolleranza al rischio.
Un efficace parametro, facilmente acquisibile in riferimento ad uno strumento finanziario, è rappresentato dalla volatilità.
Possiamo trovare in rete varie definizioni possibili, alcune delle quali molto complesse, che intendono veicolare un concetto in realtà molto semplice: se il prezzo di un’attività finanziaria si muove molto, essa sarà più rischiosa rispetto a un’attività finanziaria il cui prezzo si muove poco.
Wikipedia, ad esempio, ci dice che “in finanza, la volatilità è una misura della variazione percentuale del prezzo di uno strumento finanziario nel corso del tempo”1.
Morningstar, invece, punta sul concetto matematico: “la volatilità è la variazione che si registra nel prezzo di un titolo, solitamente misurato dalla deviazione standard”2.
Alla voce “rischio/volatilità”, Quantalys ci propone una definizione più semplice e concreta: “Il rischio è misurato dalla deviazione standard dei rendimenti settimanali del fondo su diversi orizzonti temporali: 1 anno, 3 anni, 5 anni, o su un orizzonte definito dall’utente. È talvolta indicato come volatilità. Maggiore è la volatilità del fondo, maggiore è la gamma di performance possibili, siano esse positive o negative. A parità di condizioni, minore è il rischio minori sono stati gli scostamenti dal rendimento medio che l’investitore ha dovuto affrontare. Un fondo che presenta una elevata volatilità può aver ottenuto ottime performance in passato in quanto gli scostamenti dal rendimento medio espressi dalla deviazione standard possono essere stati positivi”3.
Il risparmiatore più evoluto non si lascia sfuggire questo concetto fondamentale: il rendimento è correlato al rischio che si manifesta nel caso di performance sia positive che negative. A parità di rendimento atteso, gli investimenti che sto confrontando potrebbero avere volatilità cioè rischiosità diverse. A livello razionale l’investitore tenderà a privilegiare gli strumenti finanziari che a parità di rendimento atteso abbiano presentato livelli storici di rischiosità – cioè di volatilità – più bassi.
Più la volatilità di un investimento si avvicinerà allo zero, più sarà contenuta. Come fare, però, a trovare degli standard utili per le varie categorie di investimenti?
In questo senso ci è di aiuto Fida Workstation4, uno dei maggiori fornitori di dati finanziari, analisi e piattaforme software per la finanza, che nella sua reportistica pubblica una tabella che ci fornisce un utile punto di riferimento. In questa tabella vengono associati i livelli medi di volatilità per ogni tipo di strumento:
Con l’effettiva ed esplicita caratterizzazione di questa variabile, se ne rende possibile l’applicazione ad ogni servizio d’investimento, aggiungendo un tasso di rendimento atteso e una durata dell’investimento quale periodo in cui si ritiene di poter raggiungere il proprio obiettivo.
Darta Target Solution agevola e personalizza la scelta del contraente-investitore rappresentando le variabili menzionate in un’unica tabella5:
Grazie ad una comprensione maggiore del significato di volatilità attesa e della sua misurazione, potremo meglio ricercare la nostra combinazione rischio/rendimento ottimale. Questa combinazione infatti non è solo il frutto di una personale propensione a detenere attività più o meno volatili, o alla maggiore/minore capacità di sopportare potenziali perdite, ma è anche figlia dell’orizzonte temporale che ci poniamo.
La necessità di poter disporre in futuro dei nostri risparmi può infatti essere relativamente breve (diciamo intorno ai 3-4 anni), media (ovvero intorno ai 5-7 anni), o di lungo periodo (ovvero con una prospettiva indicativa pari o superiore ai 10 anni). L’avere a disposizione un tempo più limitato gioca un ruolo determinante, riducendo necessariamente la volatilità media attesa consigliata per il nostro portafoglio di investimento, parimenti innalzata per orizzonti di più ampio respiro temporale.
1. it.wikipedia.org/wiki/Volatilità_(economia)
2. www.morningstar.it/it/glossary/101692/volatilità.aspx
3. www.quantalys.it/Whoarewe/Glossary
4. fidaworkstation.it
5. I dati riportati sono ripresi dalla Scheda Sintetica, Condizioni Contrattuali e Regolamento dei fondi di Darta Target Solution, disponibile su www.darta.ie