Quando si parla di risparmio si fa riferimento alla scelta soggettiva di non utilizzare le proprie risorse per acquistare beni e servizi nel presente, posticipandone l’impiego. I risparmi attengono dunque ad una dimensione meramente privata, legata a scelte personali che sono determinate da esigenze e aspettative.
Eppure, lo scorso maggio, lungo l’iter che ha portato alla nascita del governo Conte, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è espresso così: “È mio dovere, nello svolgere il compito di nomina dei ministri che mi affida la Costituzione, essere attento alla tutela dei risparmi degli italiani”1.
Tale dovere deriva dall’articolo 47 della Costituzione che recita: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.
Perché la Costituzione si occupa anche dei risparmi privati? Perché si è sentita l’esigenza di prevederne la tutela, inserendo il riferimento ai risparmi nella massima legge dello Stato?
Articolo 47: il contesto storico
Per comprendere la ratio dell’articolo 47 è importante conoscere il periodo in cui è maturata la decisione dell’Assemblea Costituente, ovvero il biennio 1946-1948.
Nonostante lo Statuto Albertino non riconoscesse la tutela dei risparmi dei cittadini tra i principi costituzionali, nei primi decenni del Novecento erano già stati attuati dei provvedimenti per regolare la gestione del credito, strumentali soprattutto alla tenuta sociale del Paese durante il regime fascista.
Le numerose crisi degli operatori del credito, infatti, avevano eroso a più riprese i risparmi degli italiani. Di conseguenza, nel 1926 erano stati approvati i Provvedimenti per la tutela del risparmio, che avevano introdotto norme volte a tutelare i risparmiatori nell’interesse generale dell’economia nazionale.
In seguito, con la crisi del 1929, l’Italia, come la maggior parte dei Paesi Occidentali, fu investita dalla grande depressione. Ancora una volta, l’inflazione erose il potere d’acquisto e frenò l’economia nazionale. Nel 1936-38 si arrivò alla Legge bancaria, con provvedimenti normativi che stabilivano il dovere, per lo Stato, di attuare la difesa del risparmio ed il controllo dell’esercizio del credito attraverso l’istituzione di un Ispettorato, guidato dal Governatore della Banca d’Italia e sottoposto al controllo politico di un comitato di Ministri. Compito di questo Ispettorato era di vigilare su “tutte le aziende che raccolgono il risparmio tra il pubblico ed esercitano il credito”2.
Nel 1946, nella neonata Repubblica, l’importanza della funzione di vigilanza sul sistema creditizio e sul mercato finanziario – affidata alla Banca d’Italia – venne confermata dalla creazione di un Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio.
Inflazione, politica economica e crescita del Paese: il dibattito
La possibilità di inserire la tutela del risparmio in Costituzione animò il dibattito dei padri costituenti.
La preoccupazione maggiore era quella di tutelare i risparmi degli italiani dall’inflazione. In sede di dibattito “emerse innanzitutto il lamento di milioni e milioni di piccoli risparmiatori italiani che avevano visto il crollo del potere d’acquisto della lira”3. Tra il 1922 e il 1938 il potere d’acquisto era in effetti crollato del 97,1%, e dal 1939 al 1946 i risparmiatori avevano registrato una perdita del 78,5%.
I membri della Costituente sentivano inoltre l’esigenza di porre le basi per una politica economica che si voleva molto diversa da quella del passato.
All’epoca, infatti, il risparmio popolare consisteva quasi esclusivamente in depositi in conto corrente e a risparmio, ed erano pochi gli italiani che investivano in titoli di stato a reddito fisso. Ora, però, con l’Italia da ricostruire, era fondamentale incentivare nuove forme di risparmio, come quello obbligazionario privato o quello azionario, ampliando la partecipazione dei cittadini alla nascente produzione industriale.
C’era poi una questione più generale, di visione del futuro. Il Paese aveva un sistema economico chiuso, improntato all’idea fascista dell’autarchia, ovvero all’autosufficienza della produzione e alla riduzione al minimo delle importazioni. Le vicende della Seconda Guerra Mondiale, in particolare lo sbarco alleato in Sicilia, avevano invece posto le premesse per una vicinanza tra il nostro Paese e gli Stati Uniti, con la loro economia capitalista. La prospettiva di seguire, anche in Italia, un sistema economico in cui la finanza giocava un ruolo sempre più preponderante imponeva di individuare gli strumenti idonei a incoraggiare nuove forme di risparmio, investimento e partecipazione all’attività industriale. Si rendevano necessari, quindi, dei provvedimenti volti a tutelare nel tempo il valore dei risparmi dei cittadini.
La scelta della Costituente
È così che il risparmio privato, fondamentale per la crescita economica del Paese, divenne un elemento di interesse pubblico, tutelato addirittura dalla Costituzione.
La Costituente non entrò nel dettaglio delle diverse forme giuridiche assunte dal risparmio: l’articolo 47 è una norma programmatica che si limita a riconoscere il risparmio come questione di interesse pubblico, prima ancora che di natura privata, e in quanto tale degna di una particolare salvaguardia.
La Costituzione dà quindi al Governo la possibilità di contenere le spinte inflazionistiche per mantenere la coesione sociale e la stabilità politica del Paese. Inoltre, col secondo comma, ribadisce il dovere dello Stato di favorire il risparmio popolare e l’investimento nelle attività economiche e industriali nazionali.
La tutela del risparmio nella Repubblica Italiana
Seguendo il principio espresso dalla Costituzione, si è cercato, attraverso leggi ordinarie, di dare regole che garantiscano standard minimi di tutela del risparmio per costruire uniformità nell’ambito del settore bancario e finanziario, a vantaggio dei risparmiatori.
È stato definito un sistema di controllo e coordinamento del settore, svolto da enti come il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR), il Ministero dell’economia e delle finanze e la Banca d’Italia, sebbene il ruolo di quest’ultima sia stato ridimensionato dopo che, con l’unione economica, la politica monetaria è diventata competenza della Banca Centrale Europea.
Questo impegno in prima linea dello Stato, in un settore privato come quello bancario e finanziario, è giustificato da un altro articolo della Costituzione, il numero 41, che stabilisce che l’iniziativa economica privata è libera, ma “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.
Il riconoscimento del diritto ad un tenore di vita adeguato a garantire un’abitazione, previsto nel comma 2 dell’articolo 47, ha trovato applicazione, ad esempio, in una serie di misure di agevolazione (sgravi fiscali, mutui agevolati) per l’acquisto della prima casa.
Infine, per quanto riguarda gli investimenti finanziari, è stata istituita la Consob, istituto preposto alla vigilanza delle condotte tenute dalle società quotate e dalle società di intermediazione finanziaria, allo scopo di tutelare gli investitori.
Rispetto al 1946, oggi lo scenario è diverso sotto molti profili: l’Italia è un Paese perfettamente inserito nel mercato globale e il rischio d’inflazione è tenuto sotto controllo dalla Bce. Tuttavia ci sono ancora situazioni che possono impattare sul valore del risparmio privato, come dimostra la crisi finanziaria dei mutui subprime del 2007-2008, che, partita dagli Stati Uniti, ha avuto conseguenze sull’economia mondiale.
La diffusione di strumenti finanziari complessi, le interconnessioni tra i mercati a livello globale, la correlazione tra finanza ed economia reale sono fattori che creano opportunità di crescita, ma che possono anche avere un impatto sulla ricchezza privata: tutto questo rende ancora attuale l’articolo 47 e giustifica anche scelte e dichiarazioni politiche, come quella del Presidente Mattarella.
1. https://www.panorama.it/economia/euro/cosa-intende-mattarella-quando-dice-devo-difendere-risparmi
2. L. 7 marzo 1938, n. 141, Conversione in legge, con modificazioni, del Regio decreto-legge 12 marzo 1936-XIV, n. 375, contenente disposizioni per la difesa del risparmio e per la disciplina della funzione creditizia
3. https://www.abi.it/DOC_Info/Orientamenti/InterventoPatuelli_LectioMagistralis(19.5.17).pdf